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Veronica Galletta presenta il suo romanzo "Le Isole di Norman": "Ecco com'è nata l'idea di questo libro"

L'autrice, siciliana di origine, vive da anni a Livorno, città che l'ha adottata e in cui ha scelto di restare

Veronica Galletta, ingegnere idraulico con un passato fatto di numeri e un presente pieno di parole, vive a Livorno con il marito e un figlio "puro salsedine e libeccio". È siciliana, di Siracusa, e nella parte più antica della sua città natale - l'isola di Ortigia - ha ambientato il suo romanzo d'esordio "Le Isole di Norman", finalista al Premio Italo Calvino - manifestazione dedicata ai romanzi inediti - in libreria dal 14 maggio, edito da "Italo Svevo edizioni" per la collana Incursioni. In passato ha scritto molti racconti, qualcuno anche ambientato a Livorno, città in cui ha scelto di restare e da cui guarda il mondo per raccontarlo, con un occhio vigile e sempre rivolto al mare. Senza cui, per sua stessa ammissione, non sa stare.

Veronica, da dove nasce il romanzo "Le Isole di Norman"?
"Avevo in mente una storia sulla memoria, volevo raccontare come la memoria sia fallace, di come lo stesso avvenimento, raccontato da persone diverse, dia origine a storie diverse. È una cosa che sento molto, perché ho una memoria colabrodo, dove tutto mi pare che sfugga. Quello che Zadie Smith chiama il cervello del cane spazzino di Alice nel paese delle meraviglie di Walt Disney. Poi, siccome appunto ho una memoria fallace, il libro che ne è venuto fuori racconta in realtà di altro, ed è diventato forse la storia di una ricerca".

Chi sono i personaggi del romanzo?
"Di primo acchito ti risponderei che è la storia di una famiglia, e quindi parla di Elena, di sua madre e di suo padre, del loro rapporto e delle cose che accadono loro. Però ecco se ci penso un attimo ti dico anche che è la storia di un luogo, e di certo Ortigia ha una rilevanza così forte che è anche lei, sì, un personaggio"

Le isole di Norman-2

Quanto pesano le esperienze e i traumi infantili nella crescita di un individuo?
"Non so sinceramente quanto pesino nella crescita di un individuo, di certo so che tutta la mia scrittura pesca da quella risorsa infinita che è l'esperienza di bambino".

Cosa vorresti che arrivasse ai lettori? Qual è il messaggio nascosto tra pagine delle Isole di Norman?
"Chissà se c'è un messaggio nascosto. A me piacciono molto le storie, i racconti puri, le storie di avventura, quindi vorrei che più di tutto i lettori leggessero con piacere una storia, e che scoprano  - e interpretino, se necessario -  i misteri dentro al libro come meglio sentono".

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Nel romanzo c'è una citazione di Elio Vittorini tratta da "Conversazione in Sicilia". Quanta Sicilia c'è tra le pagine del tuo libro?
"Moltissima ovviamente, visto che il libro è ambientato per una grande parte a Siracusa, più precisamente sull'isola di Ortigia, che è la sua parte più antica. C'è una ragione precisa per cui ho messo quell'esergo, ed è il tipo di luce che comunica. In "Conversazione in Sicilia" il personaggio arriva a Siracusa con il treno, per una strada ferrata che adesso non esiste più, e descrive dei colori, un'atmosfera precisa, che è quella che avevo in testa scrivendo la mia storia. E poi, in maniera biecamente più sentimentale, Elio Vittorini è nato a pochi passi da casa mia".

Vivi a Livorno, una città in cui come nella tua Sicilia il mare è una presenza "prepotente". Ci sono affinità con Ortigia e Siracusa?
"Il rapporto con il mare di un siracusano e di un livornese è in parte diverso, in parte simile. I livornesi lo posseggono in maniera forse più carnale  - fanno il bagno tutto l'anno, per dirne una - . In Sicilia, nella Sicilia che ho vissuto io almeno, il rapporto è più sospettoso, più distante. In ogni caso il mare è di tutti, per buttarti in acqua bastano un paio di mutande, neanche qualcosa per asciugarti, se ti manca, e in questo il rapporto è molto simile. E poi anche qui, come a Siracusa, il mare lo devi vedere, lo devi studiare nelle sue diverse condizioni, e per questo lo vai a guardare. Ci parli, quasi. Ho vissuto per diversi anni anche in altre città di mare - Catania, Genova - e Livorno è quella che forse ha un rapporto con il mare più vicina a Siracusa. In ogni caso, come ha scritto mio figlio in un tema da poco (e in tempo di Covid) "io senza il mare non ci so stare".

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