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Tuffi alla livornese: dalla Siuski all'Ovo, vince chi fa più schizzi

Che sia una Shizzan o una Militare poco importa: fondamentale è trovare uno scoglio da cui lanciarsi e sollevare quanta più acqua possibile

A Livorno, dove l'estate è uno stato mentale e le stagioni ingannano anche il calendario, è tempo di mare già da un po'. Dopo una primavera dispettosa che ha fatto penare non poco sembra finalmente arrivata la stagione delle infradito, delle ghiacciaine, dei tatuaggi finalmente liberi di mostrarsi. E, soprattutto, è tempo di tuffi.

La passione tutta livornesi per i tuffi

Città di pirati abbronzati, donzelle tatuate con un bel colorito caramellato praticamente tutto l'anno, Livorno è notoriamente la capitale italiana dello sport, la città più in forma del Paese, la più medagliata di Italia. Peccato quindi che il "tuffo dallo scoglio" non sia ufficialmente una disciplina olimpica, altrimenti non avrebbe rivali. Perché il tuffo qui - nella città senza spiagge, tutta scogli e moletti, dove il mare è a pieno titolo una via della città - è decisamente altra cosa dal semplice entrare in acqua.

L'arte della Siuski, uno tsunami di schizzi

Ma il re dei tuffi, quello che da solo caratterizza Livorno e i livornesi rendendoli riconoscibili in ogni angolo del globo, è la Siuski che, con quel nome onomatopeico che alla fine non vuol dire niente, racconta quanto e più di un'enciclopedia. Sì, perché se l'idea di tuffo è strettamente legata alla pulizia delle linee e all'eleganza con cui il corpo fende l'acqua entrando quasi senza toccarla e facendo meno schizzi possibili, la Siuski, da uno scoglio o da un molo di cemento, ha ragione di esistere solo se provoca uno tsunami di schizzi, tale da inondare la ghiacciaina della signora che sta almeno due file più in là. Esiste qualcosa di più intrinsecamente livornese? Provate a chiedere a Leonardo Pavoletti, attaccante livornese di scoglio in forza al Cagliari, che su Instagram ha documentato l'arte della Siuski postando un video di un tuffo dal quale si è generata la #Pavochallenge, una sorta di social sfida a base di tuffi che ha coinvolto moltissimi follower del calciatore pronti a dimostrare le loro capacità.

Col fischio o senza? L'importante è evitare la più classica delle panciate 

"Ho fatto tanti schizzi?" è la frase che, inevitabilmente, pronuncerà il tuffatore appena riemerso dall'acqua e la bontà del tuffo è direttamente proporzionale alla quantità di spettatori fradici nell'arco di un chilometro. Sembra facile a dirsi, meno a farsi perché dietro la Siuski, così come in tutti gli altri tuffi tipicamente labronici - Ovo, Militare, Shizzan - c'è tutta una tecnica che si affina estate dopo estate, tentativo dopo tentativo, panciata dopo panciata. Solitamente anticipato da un fischio degno del migliore scaricatore del vicino porto, il tuffo comincia quando l'atleta si lancia dallo scoglio "a volo d'angelo" e, giunto a pelo d'acqua in posizione quasi parallela al mare, si chiude a riccio per riaprirsi immediatamente sott'acqua. Un istante di troppo, una tempistica sbagliata e la "buzzata" è sicura, insieme al "pezzo" (figura meschina, per i non livornesi) memorabile che resterà negli annali. Una cosa da far impallidire Tania Cagnotto e Francesca Dallapè costringendole a ritirarsi a vita privata.

Militare, ovo, shizzan: ognuno ha la sua specialità

Detto della Siuski, le gare a base di tuffi dagli scogli di Livorno prevedono almeno altre tre discipline che si possono ammirare soltanto qui, dai Pancaldi fino a Castel Sonnino. Si parte dalla shizzan, in pratica una sorta di mummia che entra in acqua leggermente inclinata all'indietro, con i piedi incrociati e le braccia raccolte al petto (proprio come una mummia), e un colpo di reni finale per sollevare più schizzi possibili. Poi la militare, quasi una candela fino a pochi centimetri dall'ingresso in mare prima che le braccia, fino a quel momento in apertura alare, vadano a raccogliere un ginocchio portato quasi al petto e il corpo si pieghi con il solito movimento all'indietro per alzare quanta più acqua si riesca. Infine l'ovo, senza la "U", roba da veri e propri specialisti: l'impostazione è quella di un classico tuffo di testa, ma la perfetta esecuzione si ottiene soltanto chiudendosi a uovo, con le ginocchia quasi ad altezza mento, e compiendo una sorta di capriola appena entrati in acqua. Ad alzare gli schizzi, questa volta, sarà un colpo di sedere. Nel vero senso della parola, perché nei tuffi alla livornese la fortuna non conta affatto.

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