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Cronaca

Truffe internazionali nella vendita delle case, 28 i casi a Livorno: quattro arresti, sequestrate villa e auto di lusso

L'operazione della guardia di Finanza all'alba di giovedì 21 maggio. Dieci gli indagati per associazione, c'è anche un notaio

Avrebbero promesso guadagni facili a imprenditori in difficoltà, "garantendo" di poter "piazzare" all'estero case, alberghi e terreni. Invece gli unici a guadagnarci, circa un milione di euro, sarebbero stati i componenti di un "sodalizio criminale", come definito dalla guardia di finanza, composto da professionisti, che è stato smantellato, nella mattina del 21 maggio, dal nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle di Livorno. Quattro in totale le persone arrestate, due in carcere e altrettante ai domiciliari, mentre a un notaio è stata inibita l'attività professionale per otto mesi. Il giro di affari ammontava a circa 150 milioni di euro.  Secondo l'accusa, l’organizzazione trasferiva soldi "sporchi" in una banca degli Emirati Arabi Uniti.

Da Livorno fino alla Puglia, ecco dove avvenivano le truffe

Le indagini, coordinate dalla procura di Livorno diretta da Ettore Squillace Greco e dalla guardia di finanza della città toscana al comando del colonnello Gaetano Cutarelli, sono iniziate grazie a numerose denunce presentate da 53 vittime consentendo di individuare le responsabilità di 10 persone coinvolte in 28 episodi di truffa realizzati a Livorno e in altre 10 località toscane, da Firenze a Casciana Terme, da Bibbona a Portoferraio, da Ponsacco a Fauglia, da Crespina Lorenzana a Riparbella, fino ad arrivare a Volterra e a Follonica. Ulteriori casi si sono verificati inoltre al di fuori della Toscana, in altre 8 regioni, dal Piemonte (Alessandria) alla Liguria (Camogli e Sarzana), dalla Lombardia (Pavia) al Veneto (Venezia e Verona), dall'Emilia Romagna (Carpi) all'Umbria (Assisi e Arrone), fino in Campania (Pozzuoli) e in Puglia (Altamura). 

Per cinque dei dieci indagati è emerso, secondo l'accusa, il coinvolgimento attivo in una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla truffa, che operava attraverso schemi fraudolenti diversificati, adattati ai vari contesti: 

  • la persona ritenuta dalla Finanza a capo dell'associazione, Nicola Calderini, direttore della società britannica Sts Investment, 39enne, nato a Piombino e residente a Livorno e per il suo collaboratore e autista, Mike Berni, di 55 anni, nato in Germania e residente a Follonica, sono finiti in carcere;
  • per i due presunti complici, invece, l'ex imprenditore turistico livornese Giuseppe Doveri, di 71 anni, già condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta e il titolare di un'impresa edile, Muca Bilbi, di 43 anni, nato in Albania e residente a Follonica, sono scattati gli arresti domiciliari;
  • al notaio Valerio Vignoli che, in base a quanto ricostruito dagli inquirenti, invece si occupava di conferire i crismi di autorevolezza e serietà all'affare da concludere è stato notificato il provvedimento di interdizione dalla professione per 8 mesi.

Nei confronti di Calderini inoltre è stato operato il sequestro di tutte le sue auto di lusso (un'Audi R8 coupé, un'Audi A6 allroad, una Range Rover e una Mercedes Cla Amg) per un valore complessivo di oltre 260mila euro e la confisca, a titolo definitivo, della sua dimora, del valore di mercato di 3 milioni di euro, poco distante dalla Terrazza Mascagni.

L'operazione della guardia di finanza

Ecco le modalità con cui gli imprenditori venivano truffati

La guardia di finanza ha fornito un quadro molto dettagliato di come, in base a quanto emerso dalle indagini, avvenivano le truffe:

  • simulando trattative per compravendite di case, alberghi e terreni, in cui veniva millantata alla vittima di turno, interessata alla vendita del suo immobile di pregio non facilmente commerciabile, la volontà di acquisizione da parte di gruppi o soggetti stranieri dotati di grandi risorse economiche, fondazioni arabe, magnati americani, sceicchi, imprenditori cinesi o banche croate. Un affare che doveva concludersi con la costituzione di una “Limited”, società di diritto inglese assimilabile alla Srl italiana e il versamento di una consistente somma di denaro, solitamente pari a circa 30 mila euro, a carico dello stesso potenziale venditore, incassata la quale i proponenti il business si rendevano irreperibili;
  • intervenendo nel contesto di pratiche per l'ottenimento di mutui o prestiti, in cui pure veniva previsto il ricorso alla costituzione di società straniere a spese del malcapitato, anche qui con l'incasso del denaro e la susseguente irreperibilità dei truffatori intermediari;
  • direttamente acquistando beni mobili, in cui veniva prospettato a esercenti commerciali le esigenze di terzi di (a loro volta) acquisire materiali e arredi di vario genere in pronta consegna, ritirando poi la merce con la contestuale consegna di assegni, sempre inesigibili perché facenti parte di carnet oggetto di furto o di smarrimento. 

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