rotate-mobile
Cronaca

Coronavirus Livorno, storie di videochiamate dal carcere: "Ho visto per la prima volta la stanza di mio figlio, mi sono commosso"

Enrico è un ergastolano, un "fine pena mai". La sua casa è a Napoli e grazie a un computer ha potuto vedere il figlio sedicenne dopo due anni: "La prossima volta mi fa 'conoscere' la sua fidanzatina. Mia moglie invece stava facendo le polpette al ragù"

Piccole cose che diventano grandi. La solitudine che si fa più sopportabile. La mente che torna a casa e gli occhi che si poggiano, di nuovo, su un dettaglio della cucina che sembrava dimenticato. Un cassetto della memoria che si apre e porta con sè profumi e sensazioni. Le videochiamate in carcere ai tempi del Coronavirus hanno restituito, seppure in maniera virtuale, un briciolo di libertà a chi l'ha persa dietro le sbarre, rendendo la pena più sopportabile.
L'educatrice Alessia La Villa ha raccolto le storie dei detenuti della casa circondariale di Livorno, storie che raccontano la vita dietro le sbarre, che fanno intravedere un sorriso dietro la paura. La prima parla di Enrico, ergastolano, che ha narrato l'emozione vissuta nel vedere la stanza di suo figlio e di come lui si sia fatto grande: "Ho trattenuto a stento le lacrime". 

Le storie dal carcere di Livorno: "La stanza del figlio"

"Dottorè voi non ve lo potete neanche immaginare quello che ho provato, se ci penso ancora adesso mentre parlo con lei mi sale l'emozione". Sono parole sincere quelle di Enrico, uno dei detenuti del reparto alta sicurezza delle Sughere, pronunciate subito dopo la prima videochiamata con Skype. Impensabile fino a qualche tempo fa. Impensabile fino all'arrivo del Coronavirus, una bestia invisibile che ha tolto a tutti la libertà ma - ironia della sorte -  l'ha restituita, in parte, a Enrico.
"Ha capito dottoressa, io mia moglie e mio figlio non li vedevo da due anni. Mio figlio Ciro l'ho lasciato che aveva otto mesi, era una creatura. Oggi ha sedici anni ma io non lo vedevo da quando ne aveva quattordici".
Enrico è un ergastolano, un "fine pena mai", uno di quelli che a casa probabilmente non ci tornerà mai, o almeno non prossimamente, "perché anche se mi daranno un permesso un giorno, non mi manderanno a casa mia, dove ho fatto i reati. Funziona così". Casa sua, Enrico, non la vedeva da quindici anni e aveva abbandonato l'idea di poterci rientrare, anche solo virtualmente.
"Quando mia moglie è apparsa sullo schermo mi veniva da piangere. Non ho pianto solo perché tenevo vergogna. Lo sa cosa stava facendo, quando ho chiamato? Stava cucinando, stava preparando le polpette al ragù,  quello che facciamo noi a Napoli. Che cosa strana dottorè, parlavamo mentre lei teneva la pentola sul fuoco". Una normalità a cui Enrico aveva rinunciato, una normalità fatta di polpette e ragù, cucina e calore.

"Non vedevo mio figlio Ciro da due anni, la videochiamata è stata bellissima"

"Poi ha chiamato mio figlio Ciro - continua il racconto di Enrico -. È alto 1 metro e 80, non me lo ricordavo così alto, sono passati due anni. 'Papà' mi ha detto, 'non mi piacciono i capelli come te li sei fatti, te li devi far crescere'. Poi mi ha portato nella sua stanza. Capisce, dottorè, la stanza di mio figlio. Con la Play, il letto pieno di libri - che quello studia, fa l'alberghiero, tiene 'na bella capa - . Io non avrei mai creduto che un giorno avrei visto la stanza di mio figlio. Diciamo che per colpa mia io non sono mai stato padre veramente, non l'ho visto crescere, non sono mai andato a prenderlo a scuola. Ma adesso con questa cosa della videochiamata mi è sembrato quasi che potevo fare qualcosa di diverso".

"La prossima volta mi fa vedere la foto della sua fidanzatina"

Un conto è sentire la voce al telefono, un conto è entrare dentro casa tua. La casa è il nido e Enrico finalmente l'ha potuta rivedere. "E allora che le devo dire? A me mi dispiace assai per sto Coronavirus ma senza sta tragedia a noi le videochiamate non ce le davano. E io spero che quando finisce tutto almeno questa cosa ce la lascino. Così io continuo a vedere mia moglie, mio figlio, casa nostra. La prossima volta mi ha detto che mi fa vedere la foto della sua fidanzatina. Ora non mi prenda per matto, lo sa poi cosa faccio io quando ritorno in cella dopo che li ho visti? Mi sdraio sul letto, chiudo gli occhi e mi giro tutta la casa, me la giro con la testa, dottorè, e aspetto la prossima videochiamata…". 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Coronavirus Livorno, storie di videochiamate dal carcere: "Ho visto per la prima volta la stanza di mio figlio, mi sono commosso"

LivornoToday è in caricamento