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Cronaca

Coronavirus Livorno, la lettera dei detenuti: "Noi e voi prigionieri. Sconfiggeremo il Covid-19 con solidarietà e rispetto reciproco"

Alcuni carcerati delle Sughere hanno espresso il loro pensiero sulla difficile situazione che sta vivendo il Paese: "La società deve tornare a essere un pilastro forte"

La rivolta nelle carceri italiane, in seguito alle restrizioni emanate dal Governo e dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per fronteggiare l'emergenza del Coronavirus, è costata la vita a 14 detenuti mentre 40 agenti sono rimasti feriti. In questo clima di crescente preoccupazioni per le sorti del Paese a causa dell'espansione del Covid-19, un gruppo di carcerati delle Sughere ha deciso di scrivere una lettera nella quale sono affidate alcune riflessioni su quanto stia avvenendo in Italia. La lettera, che riportiamo per intero, è stata inoltrata alle redazioni dal garante dei detenuti del Comune di Livorno Giovanni De Peppo. 

Coronavirus, in carcere arrivano i colloqui via Skype

La lettera dei detenuti del carcere di Livorno sull'emergenza Coronavirus in Italia

"Oggi più che mai in Italia si avverte un'ansia crescente, a cui anche a livello inconscio si deve 'obbedire', a patto di sentirsi al sicuro. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di intolleranza. Questa condizione è probabilmente dettata dall'interruzione temporanea della meravigliosa avventura della vita che si ripete ogni giorno: svegliarsi, andare fuori, prendere un tram, camminare a piedi proprio lì dove vive il popolo fitto e chiassoso delle piazze, intento nei suoi lavori quotidiani. Non si vuole, giustamente accettare l'inaccettabile. Le grida delle cornacchie ci seguono, più o meno stridule e disordinate per tutto il tempo; ascoltandole bene pare che dicano: siamo sempre qui perché il mondo rimarrà sempre così. Di conseguenza, emulando Epimeteo, si cerca ad ogni costo la pace in casa propria per dimenticare la guerra in casa d'altri. In realtà anche se per adesso siamo tutti prigionieri, alcuni in celle con grate altri senza, siamo convinti che si tratti di un fenomeno non irreversibile, tutt'altro.

Coronavirus, Livorno città quasi deserta

Siamo convinti che l'angoscia che oggi ci attanaglia sia destinata a spegnersi. Ciò potrà tuttavia accadere solo con l'aiuto di tutta la società che tornerà a diventare quel potente e insostituibile centro collettivo che era prima. Non può esistere infatti razionalità senza senso comune e concretezza poiché senza questi fattori la razionalità è destinata a trasformarsi in fanatismo. Pensiamo dunque che l'unico possibile antivirus contro questo temporaneo malessere sia dato dalla forza dell'umanità, dalla bellezza, dalla solidarietà, dal rispetto reciproco, dall'unione. Anche dietro le sbarre.

Sarà questa la giusta terapia non invasiva contro il Coronavirus e contro il pregiudizio? Certo è che gettare oggi solide basi potrà essere di grande supporto per tutti; il riedificare, riqualificare la Fiducia (riscriviamola con la F maiuscola) darà forse l'input ai buoni i quali proveranno a sentirsi per un attimo un tutt'uno con i cattivi una volta realizzato che dall'altra parte della barricata ci sono padri, mariti, figli, fratelli che aspettano soffrono amano, sperano proprio come voi. Un particolare ringraziamento va a chi oggi all'interno della Casa Circondariale di Livorno con estremo impegno cerca di suturare le divergenze e infondere serenità a tutti noi.

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