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Cronaca

Morì cadendo dagli scogli con la bicicletta, per il giudice fu una sua imprudenza

Per la morte di un 32enne residente a Livorno erano stati indagati il sindaco, un dirigente comunale e il comandante della polizia locale di Melendugno (Lecce). Il gip: "esclusiva negligenza del giovane cicloamatore"

Per la morte di Walter Ventura Neve, il 32enne residente a Livorno vittima il 3 settembre 2017 di una caduta dagli scogli con la bicicletta mentre si trovava in viaggio di nozze in provincia di Lecce, erano state indagate tre persone per omicidio colposo: il sindaco, un dirigente comunale e il comandante della polizia locale di Melendugno. Un caso aperto per l'opposizione della famiglia Neve alla sollecitazione di archiviazione del pubblico ministero che, sulla base di una dettagliata consulenza tecnica necessaria a ricostruire con precisione la dinamica e stabilire se effettivamente vi fossero responsabilità per omessa vigilanza nel tratto dove si era consumata la tragedia, aveva tuttavia riscontrato come non vi fossero responsabilità degli indagati. Elementi che, come riportato da LeccePrima, martedì 4 giugno hanno indotto il gip ad archiviare il caso: la caduta, infatti, fu dovuta alla "esclusiva negligenza e imprudenza del giovane cicloamatore" (qui l'articolo su LeccePrima.it)

La tragedia durante il viaggio di nozze

Appassionato di mountain bike, nella mattinata del 3 settembre Walter Ventura Neve precipitò con la sua bicicletta da un tratto di scogliera impervio, fra Torre dell'Orso e Sant'Andrea, rinomate marine di Melendugno (Lecce), dove si trovava, con la moglie e il figlio di un anno e mezzo, per il viaggio di nozze. Un volo da un'altezza di 10 metri che non gli lasciò scampo, nonostante il disperato tentativo dei soccorritori di salvargli la vita. 

Il pubblico ministero Maria Rosaria Micucci, aveva affidato all'ingegner Lelly Napoli, in qualità di consulente della Procura leccese, l'incarico di provvedere a tutti gli accertamenti tecnici necessari a ricostruire con precisione la dinamica e stabilire se effettivamente vi fossero responsabilità per omessa vigilanza. E, stando a quanto emerso non si può attribuire alcuna colpa al primo cittadino, tantomeno al dirigente o al comandante degli agenti: il percorso, infatti, era interdetto al passaggio e le segnalazioni ben visibili.

Era stato lo stesso pubblico ministero a sollecitare l'archiviazione, sulla scorta di una dettagliata consulenza. La famiglia di Neve, tramite i propri legali, si era opposta e così, il 14 marzo scorso, si era arrivati in camera di consiglio. I difensori dei tre indagati avevano presentato una propria memoria e, ora, è giunta la decisione del giudice: archiviazione.

Perché il gip ha archiviato

Sono diversi gli elementi che hanno indotto il gip a chiudere il caso, rilevando come all'origine vi sarebbe stata un'imprudenza dello stesso cicloamatore. Neve, infatti, quella mattina si era addentrato in un sentiero oggettivamente rischioso, in quanto sconnesso e stretto e prossimo alla scogliera, superando due cartelli fatti apporre dal Comune di Melendugno, risultati bene visibili, e che indicano sia il “divieto di transito, sosta e campeggio lungo il costone roccioso”, sia la “necessità di prestare attenzione per il pericolo di sfaldamento della falesia e di cedimento strutturale della fascia costiera”.

Non solo. Il percorso seguito quel giorno dal 32enne in vacanza, non risulta incluso fra le piste ciclabili della zona. Queste si trovano in punti più interni, fra la macchia  mediterranea. E, stando a quanto rilevato dal giudice, non ci sarebbe stato modo di interdire il tratto in maniera ancor più rigorosa rispetto a quanto già fatto dal Comune, con i cartelli, anche piuttosto grandi. Insomma, Neve si sarebbe accollato da solo il rischio dell'iniziativa. Peraltro, secondo i rilievi tecnici, percorrendo quel viottolo, si può notare con un certo anticipo, a occhio nudo, la prossimità del dirupo.

Nessuna colpa di sindaco e altri

“Non si comprende dunque quale addebito possa essere mosso al sindaco di Melendugno (Marco Potì), al comandante della polizia municipale (Antonio Nahi) e al dirigente dell'ufficio tecnico (Salvatore Petrachi) per omessa vigilanza dell'area e predisposizione di ulteriori accorgimenti idonei a inibire l'accesso alla scogliera”, scrive il giudice, traendo le conclusioni.

Resta la vicenda, in sé molto triste, dolorosa. I soccorritori fecero di tutto per salvare Neve, ma era caduto in un punto davvero impervio. Tanto che dovettero intervenire non solo calandosi fra rocce pericolose, ma anche via mare: gli operatori del 118 usarono una loro moto d'acqua del servizio di salvamento estivo per trasportare il 32enne verso la motovedetta della guardia costiera, che lo raccolse e lo portò sul molo di San Foca, dove ad attenderlo c'era l'ambulanza. Un lavoro molto duro, complesso, ma che, purtroppo, si rilevò del tutto inutile.   

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