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Lunedì, 29 Aprile 2024
Calcio

Serie D, Caponi saluta il Livorno: "Non mi è stata data la possibilità di far vedere il mio valore, ferito dalla gestione di Favarin"

Il centrocampista classe 1988 ha rescisso il contratto con gli amaranto dopo neanche due mesi dal suo arrivo: "Dispiaciuto per questo epilogo, ma non mi sono mai sentito parte del progetto"

Un'avventura durata neanche due mesi, terminata con una prematura risoluzione del contratto. Andrea Caponi, approdato in amaranto lo scorso 5 settembre come colui che avrebbe dovuto far compiere un salto di qualità al centrocampo della formazione di Favarin, ha salutato in anticipo la compagnia alla vigilia della sfida con il Seravezza. Una decisione non certo presa a cuor leggero dall'ex capitano di Pontedera e Pistoiese, che in estate aveva fortemente voluto Livorno. Lo scarso impiego da parte del tecnico (soltanto due le gare giocate dal primo minuto, di cui una in Coppa Italia) e, soprattutto, la sensazione di non essere messo nelle condizioni per poter rendere al meglio, hanno però spinto il giocatore all'addio.

Ciao, Andrea. Favarin, in conferenza stampa, ha dichiarato che avresti voluto maggior minutaggio ma che lui non avrebbe potuto garantirtelo: è stato davvero questo il motivo della rescissione?
"Dico subito che per me è stato un grande dispiacere, avevo voluto tantissimo questa maglia e prendere una decisione del genere è stato davvero difficile. Ci tengo a sottolineare, però, che non è che avessi chiesto maggior minutaggio, ma che fossi messo nelle condizioni per potermi esprimere al meglio. Mi aspettavo una gestione diversa da parte del tecnico".

Ovvero?
"Sapevo di non essere arrivato nelle migliori condizioni, dato che per la prima volta in carriera non avevo fatto un ritiro completo, e sapevo anche che sicuramente nelle prime due-tre gare avrei avuto poco spazio. Con il passare del tempo, tuttavia, non mi è stata mai data l'occasione di far vedere quelle che sono le mie qualità: non mi sono sentito partecipe e parte integrante del progetto".

Che tipo di gestione ti saresti aspettato?
"Credevo che, dopo le prime partite, mi fosse data la possibilità di mettere minuti nelle gambe. Ripeto, è vero che non sono arrivato nelle condizioni migliori, ma è anche vero che la condizione la trovi solamente giocando e non facendo sei-sette minuti a partita, così come non si puo giudicare un giocatore dopo settanta minuti. Ad un certo punto mi sono sentito messo spalle al muro".

C'è stato un confronto con il tecnico prima di arrivare a questa decisione?
"Certo, ci sono stati un paio di confronti, anche perché io sarei voluto restare. Se sto a Livorno, però, non posso restarci solamente per guardare il mare, anche perché ho la compagna livornese e ci vengo comunque spesso, ma per sentirmi un giocatore vero. Questo, invece, non è accaduto e non resto certo a rubare lo stipendio. Io, dovunque ho giocato, mi sono sentito sempre un elemento importante indossando la fascia di capitano e facendo sempre 35 partite: non chiedevo di giocarle tutte anche quest'anno, ma almeno di sentirmi parte integrante a tutti gli effetti del progetto. Fremevo dalla voglia di dimostrare il mio valore, ma non ne ho avuto la possibilità".

E con il gruppo invece? Come erano i rapporti?
"Erano ottimi, mi è dispiaciuto dover salutare i compagni. Ho rapporti buonissimi con Cesarini, Cori, Brenna, Palma e Giordani, tanto per dirne alcuni. Con lo spogliatoio, ci tengo a dirlo, non c'era nessun problema".

Sei venuto qui certo di godere della stima di Favarin: visto com'è andata a finire, ti senti "tradito"?
"Favarin mi ha sempre cercato nel corso degli anni passati. Mi ricordo che, ad esempio, mi ha chiamato quando era ad Andria e a Prato. Sapevo che aveva tanta stima nei miei confronti ed è per questo che, a maggior ragione, non ho capito la sua gestione. Ribadisco ancora, chiedevo soltanto di essere messo nelle condizioni di potermi esprimere al meglio e di far vedere quelle che sono le mie qualità. Tradito magari no, ma profondamente ferito quello sì".

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