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Unione camere penali, anche a Livorno sospese le attività giudiziarie: "Modifiche ai processi riducono garanzie difensive"

Proclamati tre giorni di stop, il direttivo livornese: "La pandemia ha stravolto le regole, nessun collaudo dei sistemi tecnologici. A rischio il diritto di difesa"

Riceviamo e pubblichiamo integralmente l'intervento del Direttivo della Camera Penale di Livorno in merito alla sospensione delle attività giudiziarie dal 29 al 31 marzo

La giustizia penale ai tempi del Covid

Potremmo iniziare così "C'era una volta il processo penale" perché a voltarsi indietro, a quel 9 marzo 2020, a quell' "Italia zona rossa" che ha sigillato ermeticamente le porte delle nostre abitazioni, niente è come prima. Neppure il processo penale.

In questo lungo anno, che non sembra avere una fine, in balia della dittatura dei colori ( dal bianco al rosso, con varie sfumature di arancione) il processo penale ha subito modifiche decisive, vere e proprie trasfigurazioni, molte delle quali, purtroppo, non sono andate nella direzione del rafforzamento delle garanzie difensive.

All'inizio i Tribunali vennero chiusi. Tutto il settore giustizia si barcamenava per garantire le funzioni essenziali, gli atti urgenti. I difensori vennero esiliati dalle aule dei Tribunali, i processi in lockdown. L'epidemia ci aveva colti di sorpresa e quei due mesi dovevano servire per consentire di mettere in sicurezza i luoghi, per elaborare soluzioni alternative che consentissero di far ripartire la macchina. Era chiaro che la salute collettiva dovesse prevalere, nel famoso bilanciamento degli interessi in gioco, rispetto ad altre esigenze, pur degne e meritevoli di trovare, in tempi brevi, adeguata sistemazione.

Quel che è seguito, nel corso di un intero anno, è stato uno spettacolo disarmante, un perenne andirivieni di soluzioni estemporanee a volte solo paventate, altre volte consolidatesi in riforme che hanno il sapore della definitività nonostante sembrino pensate solo per un tempo determinato, valide solo per il periodo della pandemia. Oggi il termine è fissato al 30 aprile ma è verosimile venga spostato in avanti, per l'ennesima volta.

Che ne è stato del processo penale? Si è tentato di celebrarlo da remoto, di trasferire l'aula sul monitor di un computer: chi di noi abbia confidenza con i novelli strumenti della comunicazione di massa (Microsoft teams, Zoom, Google meet e altri) sa bene come non sia possibile celebrare un'udienza, ascoltare testimoni o periti, dalle caselle di un pc. Sa bene che l'aula è presenza fisica, con le sue liturgie, le sue regole, la comunicazione non verbale ( un teste reticente che abbassa lo sguardo, che lo dirige verso un punto fisso, le mani che si muovono con nervosismo, il sudore della deposizione). Eppure ci si è provato e per un periodo, per fortuna breve, si è ritenuto persino possibile affidare le sorti di un processo (la vita degli imputati) all'avventura di una connessione la cui stabilità, come sappiamo, è solo una chimera.

Per i detenuti, no, non è cambiato niente. Continuano a seguire i loro processi da un monitor. Anche adesso. E sono proprio i detenuti ad aver subito gli effetti più pesanti della pandemia: permessi premio revocati, legami con i familiari ridotti alla connessione skype, strutture fatiscenti che non consentono di mantenere il metro di distanza, contagi a non finire, decessi per Covid, sospensioni delle attività educative, negazione del diritto alla presenza fisica in aula, detenzioni domiciliari affidate all'uso di braccialetti elettronici la cui disponibilità è notoriamente scarsa.

Aurora Matteucci, presidente Camera penale Livorno
(Aurora Matteucci, presidente Camera penale Livorno)

In questo scenario da apocalisse, con contagi alle stelle, ai difensori non era consentito di depositare gli atti o di ricevere le copie dei fascicoli tramite pec. Insomma l'udienza doveva essere su un monitor, ma il difensore doveva fisicamente recarsi in Tribunale per svolgere tutta l'attività collaterale e preliminare all'udienza. Mesi di estenuanti interlocuzioni politiche hanno prodotto un risultato. Ma qualcosa è andato storto, anzi stortissimo.

Dall'oggi al domani si è pensato di obbligare i difensori a depositare atti difensivi sottoposti a termini di decadenza (cioè che vanno depositati entro un dato termine altrimenti è come non averli neppure pensati, non esistono dentro il processo) mediante il ricorso ad un portale telematico (valevole solo per le Procure della Repubblica) che non funziona come dovrebbe. Sono numerosissime le segnalazioni di guasti al sistema, di inconvenienti tecnici che ne limitano o addirittura ne impediscono il funzionamento. Questo stato di cose ha germinato il fiorire di molteplici e diverse interpretazioni su tutto il territorio nazionale. Alcune Procure consentono di ovviare ai deficit del portale autorizzando depositi in altro modo. Procura in cui vai, reciterebbe l'adagio, usanza che trovi. E così i diritti di difesa sono appesi a soluzioni variegate che non garantiscono - un domani - alcuna certezza. Di fronte ad un testo normativo che obbliga, a pena di inammissibilità, il deposito tramite portale, che sicurezza abbiamo che il nostro scritto difensivo sia considerato valido?

Sia chiaro: pretendere che la macchina funzioni non è una rivendicazione sindacale dei difensori. Non è difesa di una posizione di retroguardia o di insofferenza per le novità tecnologhe che da tempo immemore abbiamo cercato di far introdurre anche nel processo penale. In gioco è il diritto di difesa dei cittadini e delle cittadine Sarebbe stato sufficiente un periodo di prova: una sorta di collaudo per consentire al sistema di funzionare e ai difensori di prendere confidenza, in tempi ragionevoli, con i nuovi strumenti tecnologici. E invece ancora oggi manca un'iniziativa in tal senso del Governo.

Per questo l'Unione delle Camere penali ha indetto un'astensione dalle udienze e dalle attività giudiziarie per le giornate del 29, 30 e 31 marzo. E per questo la Camera penale di Livorno aderisce con convinzione.

Il Direttivo della Camera penale di Livorno

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