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Medici di famiglia, in pensione Enrico Bianchi: "Non avrei voluto, questo è il momento peggiore per lasciare"

Settanta anni il prossimo 12 maggio, il dottore e consigliere comunale Pd lascia la professione dopo 45 anni di servizio: "Avrei preferito restare o affidare i pazienti a qualche giovane, ma non ci sono sostituti. Il Coronavirus? Servono test a tappeto, i casi sono molti di più"

Non sarebbe stato facile comunque lasciare dopo 45 anni di onorato servizio, figuriamoci in questo periodo che è "il peggiore per andare in pensione". Ma tant'è, il prossimo 12 maggio Enrico Bianchi, veterano tra i medici di famiglia livornesi, compirà 70 anni e, come da legge, dovrà andare in pensione per raggiunto limite di età. "Non proprio il periodo migliore - racconta Bianchi a LivornoToday - ma di certo non abbandonerò i miei pazienti dal primo maggio. Continuerò ad assisterli fino a quando ci sarà bisogno e, se dovesse servire, sono pronto a rimanere e dare una mano".

Bianchi: "Non ci sono medici, dispiace dover lasciare in questo periodo"

Consigliere comunale in quota Pd, già presidente del Consiglio, Bianchi è tra i massimalisti che hanno in carico 1500 pazienti. "Il problema è che dovrò fare il cosiddetto 'spezzatino' - spiega - anziché affidarli tutti a un giovane che avrei affiancato per qualche mese o il tempo necessario per spiegare le diverse patologie delle persone in cura. E invece di medici non ce ne sono, un problema che avevo già sottoposto da tempo alla Regione Toscana". 

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"Continuerò a seguire i miei pazienti finché ce ne sarà bisogno"

"Più che carenza di medici, a mancare sono gli specialisti, soprattutto in medicina generale, con le poche borse erogate da Stato e Regione e il numero chiuso nel triennio formativo post università che non garantisce il ricambio generazionale. "Avrei preferito lasciare in altra maniera - continua - d'altronde bisogna adeguarsi. Ad ogni modo ribadisco: qualora fosse confermato che il 30 aprile debba andare via, non staccherò certo il telefono: non è nel mio carattere, continuerò a rispondere e ad andare in ambulatorio, ad essere disponibile. Anche solo per dare consigli".

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E che il momento per lasciare non sia dei migliori, lo si deve certamente anche all'emergenza sanitaria: "Periodi difficili ne abbiamo avuti senz'altro - continua Bianchi -, ma questo è sicuramente il più duro, per l'impegno della patologia e per la novità della patologia. Sono anche convinto che se si facessero esami di sangue a tappeto, come adesso si dice che verranno fatti, i casi sarebbero decisamente in numero superiore. E a posteriori posso dire che qualche brutta broncopolmonite vista già a fine gennaio fosse legata al Coronavirus".

Se questo è indubbiamente il periodo più difficile, molte sono però le soddisfazioni raccolte in 45 anni di professione: "Gratificazioni? Tante - conclude Bianchi -. Molti pazienti sono diventati amici, con alcuni di loro siamo cresciuti insieme e si è instaurato un bellissimo rapporto che va oltre la professione. Tutto questo non terminerà con il pensionamento. Due, invece, le cose che mi hanno maggiormente disturbato: la burocrazia, davvero troppa, e le persone che non hanno voglia di lavorare. Ne ho viste diverse in tutti questi anni, per fortuna tra i miei pazienti la lista non è lunghissima"

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