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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Centro / Piazza Felice Cavallotti

Chiude La Barrocciaia, Livorno perde un pezzo di storia: addio all'osteria-trattoria erede dei panini di Giovanni

Portato avanti dai nipoti di Giovanni Scalsi, Tommaso e Cristiana, il locale di piazza Cavallotti era "chiuso per ferie" da tre settimane. Ma dopo i sospetti, la certezza che non riaprirà più

La scritta "chiuso per ferie" su un foglio giallo, lo stesso che faceva da tovaglietta o da incarto per migliaia e migliaia di panini. La saracinesca abbassata da tre settimane. Il sospetto, con il passare dei giorni, che quel cartello posto in bacheca sotto il menù nascondesse ben altro rispetto a un periodo di riposo. E adesso la certezza che nessuno avrebbe mai immaginato fino a un mese fa, considerati i tavolini sempre pieni. La Barrocciaia, storico locale di piazza Cavallotti, erede della tradizione culinaria e soprattutto dei panini di Giovanni, portato avanti dai nipoti di chi ha rappresentato un'istituzione cittadina, chiude i battenti. Per adesso, sicuramente, per sempre, molto probabile. Un colpo al cuore, improvviso e per tutti i livornesi ma anche per centinaia e migliaia di turisti e avventurieri che, di passaggio in città, si fermavano per uno sfilatino base roastbeef e salsa verde e un bicchiere di vino per anni versato dal fiasco impagliato. 

Quasi ottanta, per la precisione, da quando nel 1944 Mario Scalsi, padre di Giovanni, ebbe l'intuizione di aprire una vineria in via Ricasoli, lato piazza Attias, diventata di lì a poco la trattoria "Da Giovanni". Con un'insegna che i nipoti Tommaso e Cristiana, a inizio anni Duemila, affissero nella nuova sede di piazza Cavallotti, in continuità con l'arte di nonno magicamente mantenuta non solo nei sapori. Perché la Barrocciaia, al di là di rappresentare il meglio della cucina marcatamente livornese - cacciucco, stoccafisso, baccalà sono valsi centinaia di recensioni top -, era più di un'osteria dove fermarsi a mangiare. Era il posto dove fare due chiacchiere, erano le botti dove trovavi seduti insieme l'operaio e l'avvocato, il commercialista e il disoccupato, i giovani e gli anziani, le famiglie e gli scapoli.

Tutti attratti dalla convivialità di un locale che, tra concertini e serate, aveva anche una funzione sociale non indifferente: animare una piazza adesso deserta quando vengono smontati i banchi del mercato. Un brutto segnale anche per la città: perché, al di là delle ragioni che hanno portato alla chiusura, presumibilmente economiche, un'attività storica che si ferma è indice di un preoccupante impoverimento generale.

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