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Cronaca

Fase 2, la rabbia di parrucchieri e centri estetici: "Abbandonati dallo Stato, nessuna indicazione su come riaprire"

La voce degli imprenditori livornesi: "Siamo il settore più penalizzato, dal governo non ci dicono niente. Come ripartire? Per ora possiamo solo fare supposizioni"

Senza aiuti dallo Stato e senza alcuna indicazione su come sarà regolata la riapertura. Il grido di parrucchieri e centri estetici, al pari di quello dei ristoratori, è quello di un'intera categoria tra le più colpite dall'emergenza coronavirus, che non è soltanto sanitaria ma bensì anche economica e sociale. Le perdite, già consistenti, si sommano tra l'altro a un'incertezza su un futuro che non si preannuncia affatto roseo, a partire da una ripartenza, al momento prevista il primo giugno secondo quanto indicato dal premier Conte nell'ultimo dpcm sulla fase 2, sulla quale si possono fare soltanto alcune ipotesi. Dai distanziatori tra un cliente e l'altro alle postazioni ridotte, fino all'utilizzo di autoclave per sterilizzare la strumentazione, ad oggi, come dicono i diretti interessati, da parte dello Stato non vi è un briciolo di "chiarezza su cosa si deve fare e come lo si debba fare".

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Atelier Parrucchieri: "Ci manca una linea guida su come poter riaprire"

Paola Senzacqua, titolare del negozio Atelier Parrucchieri in via Coccoluto Ferrigni, solleva più di una questione: "Non ci hanno fornito nessuna indicazione su come potremmo riaprire - spiega Senzacqua -, non sappiamo se dobbiamo usare dei divisori tra un cliente e l'altro, se dobbiamo indossare mascherine e camici anche noi, se dobbiamo far entrare un cliente alla volta oppure possiamo usare le postazioni che abbiamo a disposizione. E, sopratutto, nessuno ci ha detto come dobbiamo effettuare la sanificazione, ovvero se possiamo farla noi o dobbiamo chiamare una ditta specializzata. Ttutte cose che richiedono tempo e che non possiamo sapere poco prima della riapertura".

"In questo periodo di chiusura - prosegue - siamo andati avanti con i nostri risparmi. Ho dovuto mettere una dipendente in cassa integrazione, però non si può navigare a vista in questa maniera. Dopo 26 anni di attività non voglio chiudere, chiedo maggiore chiarezza sulle norme che dobbiamo rispettare e un aiuto da parte delle istituzioni per le spese che dobbiamo intraprendere per poter ripartire. Lo Stato ci deve aiutare".

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Salone Luca e Stefaniai: "Devono metterci in condizione di lavorare"

Dello stesso avviso anche Luca Pellegrini, titolare del salone Luca e Stefania in via Provinciale pisana, dove tra l'altro lavorano anche la moglie e il figlio e la cognata: "Ci dicono che dal primo giugno possiamo riapre ma non ci hanno detto come e con quali misure possiamo farlo - spiega Pellegrini -. Non possiamo trovarci all'ultimo minuto a sapere cosa serve in negozio, perché non è detto che poi troviamo il materiale e a quel punto slitterebbe anche la riapertura. Non capisco poi perché dobbiamo aspettare proprio il primo giugno: potevano darci il via libera già da ora con le dovute indicazioni, ci saremmo adeguati di conseguenza".

"Il morale è basso - conclude -, abbiamo chiuso l'11 marzo e da quel giorno non è più entrato un euro nelle nostre tasche. Abbiamo percepito solo i 600 euro come partita iva e basta, non è possibile andare avanti così fino al primo giugno. Io voglio lavorare, mi devono mettere in condizioni di poter lavorare".

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Millennium Parrucchieri - Estetica: "Con meno postazioni, dovremo ridurre il personale. Di certo non faremo massaggi"

Dario Lepori, titolare del salone Millennium Parrucchieri - Estetica in via Indipendenza, ha cinque dipendenti e la preoccupazione è anche per loro: "Spero vivamente di poter riaprire dal primo giugno - commenta Lepori -, sono consapevole che ci saranno delle misure di sicurezza e forse dovrò ridurre le postazioni di lavoro. In questo caso, dovrei ridurre anche le ore di lavoro del personale, però al momento non abbiamo niente di certo, né per il parrucchiere né per il centro estetico. Aspettiamo qualcosa di scritto per poterci muovere di conseguenza, ma intanto anche il costo di alcuni prodotti è salito alle stelle e molto materiale non si trova".

"Sicuramente - conclude - per i primi tempi nel centro estetico eviteremo di fare i massaggi, eviteremo dei contatti più diretti con le persone: faremo manicure e pedicure, ma niente massaggi. In questo periodo ho percepito soltanto i 600 euro e ho dovuto mettere tutto il personale in cassa integrazione: lo Stato ci ha abbandonato, ma le bollette e i vari pagamenti sono arrivati e io ho dovuto dare fondo ai miei risparmi. Per ripartire ho già dovuto chiedere 25mila euro di prestito che dovrò restituire con gli interessi". 

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Centro estetico Girasole: "Ci considerano l'ultima delle categorie"

Anche Silvia Pini, titolare del centro estetico Girasole in via Mondolfi, come i suoi colleghi punta il dito contro la poca chiarezza da parte dello Stato: "Non ci hanno detto niente e per ora possiamo fare solo supposizioni - commenta Pini -, ma vorrei ricordare che noi già da tempo usiamo dispositivi di sicurezza individuali come mascherine, guanti e per certi lavori anche gli occhiali. Manca chiarezza da parte delle istituzioni e un aiuto a livello economico per poter andare avanti: ci possono dire anche che dobbiamo stare chiusi un altro mese, ma allora devono venirci incontro economicamente, non possiamo andare avanti così".

Lo sfogo di Silvia Pini va avanti e vede un'ingiustizia nei confronti della loro categoria: "Altro problema secondo me è che in questo modo si agevola chi lavora in nero - conclude - e va nelle case senza rispettare nessuna noma igenico-sanitaria. Non capisco perché un fisioterapista può lavorare già e noi non possiamo aprire e lavorare, non capisco perché dobbiamo essere gli ultimi".

Belli: "Come categoria rispettiamo già le norme dui dpi e partecipiano a corsi fatti dalla regione sul tema"

Mirna Belli, titolare assieme alla sorella Veronica del centro benessere Cypraea in via degli Ammazzatoi, la pensa come i suoi colleghi: "Da anni usiamo tutti i dispositivi di protezione e sanifichiamo gli strumenti che usiamo - dice Belli -, quindi sotto questo aspetto potevano farci già riaprire. Sono amareggiata perchè siamo una delle ultime categorie che è stata presa in considerazione per la riapertura, ma così facendo si agevola chi lavora in nero nelle case e non rispetta le norme. Lo Stato deve fare chiarezza quanto prima su cosa dobbiamo e possiamo fare, in modo da poterci adeguare prima dell'apertura".

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