rotate-mobile
Cronaca

Mafia in Toscana, maxi operazione della guardia di finanza contro la camorra: 10 arresti e 24 misure cautelari

Le accuse vanno dall'associazione a delinquere, al riciclaggio di denaro che favoriva il clan dei Casalesi. L'organizzazione criminale si sarebbe avvalsa anche di "bancomattisti prelevatori"

È iniziata all'alba di mercoledì 20 gennaio 2021 una maxi operazione congiunta del comando provinciale della Guardia di finanza di Firenze e del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) di Roma nei confronti di una settantina di persone che operavano sul territorio nazionale e in particolare in Toscana, accusate di far parte del clan dei Casalesi. Dopo il provvedimento emesso dal gip del tribunale di Firenza Federico Zampaoli le forze dell'ordine, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) del capoluogo toscano, hanno eseguito 34 misure cautelari di cui 4 in carcere, 6 ai domiciliari, 9 obblighi di dimora e 15 misure di interdizione personale con divieto di svolgimento di tutte le attività inerenti l'esercizio di imprese e il sequestro preventivo agli indagati di beni e disponibilità, anche per equivalente, per un totale di circa 8,3 milioni di euro. Nelle operazioni sono stati impegnati circa cento gli uomini delle fiamme gialle.

Come riporta FirenzaToday, alle persone coinvolte sono stati contestati i reati di associazione per delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego, intestazione fittizia di beni, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti con l'aggravante di aver favorito l'associazione camorristica del clan dei Casalesi. Sono stati contestati reati anche a presone giuridiche ai sensi dell'art 5 decreto legislativo 231/2001, che disciplina la responsabilità degli enti.

Un'operazione che ha coinvolto numerose città toscane (Firenze, Lucca, Pistoia) oltre ad altre città su tutto il territorio italiano (Treviso, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Roma, Isernia e Caserta). Nell'esecuzione degli interventi i militari della Guardia di finanza hanno avuto l'appoggio dei colleghi competenti per territorio e del Reparto operativo aeronavale (Roan) di Napoli.

La pista dei soldi e i "bancomattisti prelevatori"

Gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Firenze hanno ricostruito i movimenti bancari e finanziari, verificando con accurati accertamenti economico-patrimoniali il flusso di denaro che gli inquirenti attribuiscono ad attività criminose. Il coordinamento delle indagini è stato affidato alla Dda fiorentina diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, che ha operato con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia (Dna) e la collaborazione della Dda di Napoli.

Seguendo la pista dei soldi le indagini dirette dal pm antimafia Giulio Monferini si sono concentrate sulle operazioni di alcune società che avrebbero fatto numerosi investimenti immobiliari e commerciali nel 2016 nella provincia di Siena. A gestire questa attività sarebbero stati due commercialisti campani che avrebbero potuto contare anche sull'appoggio di una architetto fiorentino originario del casertano. Queste persone, secondo gli investigatori, sarebbero legate al clan campano dei Casalesi. I fondi investiti in Toscana sarebbero derivati da attività delittuose. Risalendo il flusso di denaro le fiamme gialle hanno scoperto un complesso sistema di fatture false che dovevano coprire continui bonifici in uscita dalle aziende di costruzione che finivano nelle casse di società "cartiere".

Per prelevare i soldi dai conti correnti l'organizzazione criminale avrebbe usato numerosi "bancomattisti prelevatori", persone vicine alla soglia di povertà, alcune delle quali ricevevano il reddito di cittadinanza o di emergenza. Ai bancomattisti venivano corrisposte somme intorno al 2-3% del prelevato come commissione, cifre che si aggiravano intorno alle 50 o 100 euro a prelievo. Le società contigue secondo le indagini al clan dei Casalesi erano intestate a prestanome e operavano soprattutto in attività di edilizia in subappalto, svolgendo attività su tutto il territorio nazionale. Dopo aver completato i lavori iniziava il valzer dei soldi. La fatturazione dei committenti faceva scattare la prima serie di fatture per operazioni inesistenti a favore di società di comodo che dichiaravano lavori mai eseguiti. Successivamente altre fatturazioni per operazioni mai fatte facevano confluire parte del denaro nelle società "cartiere". Gli amministratori di queste società, anch'essi secondo gli investigatori prestanome, prelevavano poi i contanti giustificandoli con prestazioni mai rese. Infine, ipotizzano gli inquirenti, i soldi arrivavano al vertice del clan dei Casalesi che le reinvestivano in attività immobiliari nelle province di Pistoia, Lucca, Modena, Roma, Isernia e Caserta.

Per attingere a tutte le possibili fonti finanziarie le società che sarebbero legate al clan avrebbero chiesto e ottenuto contributi a fondo perduto previsti dal Decreto Rilancio e finanziamenti garanti dallo Stato ex Decreto Liquidità per il contrasto agli effetti economici del Coronavirus. L'operazione si inserisce in una più ampia strategia istituzionale di contrasto alle infiltrazioni criminali, realizzata sul territorio dalla guardia di finanza con il coordinamento della Dda fiorentina.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Mafia in Toscana, maxi operazione della guardia di finanza contro la camorra: 10 arresti e 24 misure cautelari

LivornoToday è in caricamento