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Cronaca

"Medici e infermieri, anime gentili con un cuore grande": il grazie speciale di Silvia, 43 anni, malata di leucemia

Livornese, ha iniziato la sua lotta nel marzo scorso e ha trovato in ospedale "persone meravigliose". "Dobbiamo dare merito alle cose che funzionano"

"Dobbiamo dare merito alle cose che nella sanità funzionano e che invece, troppo spesso, vengono criticate. Io non mi sono mai sentita abbandonata, e nei medici e negli infermieri ho sempre trovato persone meravigliose". Silvia Mollica, livornese, 43 anni compiuti ieri 5 settembre, ha un marito, è mamma di una bambina e dal marzo scorso combatte contro la leucemia. Adesso, dopo circa sei mesi, la malattia per fortuna è in remissione, ma "nonostante la gravità della situazione - ha aggiunto - io nel servizio sanitario nazionale ho avuto la fortuna di incontrare medici competenti e staff di infermieri fantastici". Un attestato di stima non da poco, "perché c'è una sanità che funziona, ed ha un cuore grande grande". "Per questo - ha aggiunto - vorrei dar merito ad anime gentili, caratterizzate da competenza e umanità".

Un percorso complicato, fatto di salite e coraggio, quello di Silvia, che a causa delle cure è stato spesso caratterizzato da momenti di solitudine e terrore. Un calvario, con il Covid in mezzo e tanta paura. "Ma anche quando sono stata ricoverata - ha aggiunto -, o rinchiusa in una stanza sterile, durante i cicli di chemio, in particolare nel dottor Enrico Capochiani ho trovato quasi un padre. Passava ore nella stanza con me, così come le infermiere, giovanissime, alle quali non riuscivo a dare del 'lei' vista l'età. Mi è capitato nei periodi in cui non ero ricoverata di chiamare in reparto e trovare quella confidenza e quell'affetto che quasi sembrava di essere in famiglia". Anche in passato nella vita di Silvia ricoveri e ospedali hanno fatto irruzione senza chiedere permesso, un grave incidente infatti più di tre anni fa coinvolse il marito che fu costretto a settimane di ricovero a Cisanello. "Ma anche in quell'occasione - ha ricordato con grande coraggio - non ci siamo mai sentiti abbandonati". 

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Nella foto concessa dalla famiglia da sinistra Silvia Mollica con la figlia Camilla e il marito Alex Baroni

"La doccia fredda a marzo, dopo una semplice analisi del sangue", poi 104 giorni di ospedale

La diagnosi di leucemia mieloide acuta è arrivata alla fine del mese di marzo, dopo una semplice analisi del sangue. "Sono stata contattata dall’ospedale per qualcosa che non andava. L’indicazione è stata quella di presentarsi urgentemente in reparto di onco-ematologia per analisi di secondo livello, ergo un prelievo di midollo che ha presto confermato la diagnosi". Da lì ricovero immediato, la spiegazione delle cure, la chemioterapia intensiva e ricoveri di circa un mese per ogni ciclo in camera sterile. "La terapia - racconta - è iniziata e al di là dei malesseri fisici con mia grande sorpresa ho trovato un reparto dove in prima linea oltre alla grande competenza del primario Capochiani e di tutta la sua equipe ho trovato una grande umanità".

"Sono passati i giorni - ha aggiunto - e sono riuscita ad instaurare con le dottoresse un rapporto esclusivo, di complicità, di confidenza, una sorta di amicizia che mai avrei creduto si potesse creare. Sono  sempre state lì a gioire per ogni vittoria e consolarmi per ogni salita che si presentasse; insieme a loro il dottor Capochiani nel quale ho trovato rassicurazioni e parole che un padre potrebbe dare alla propria figlia". Nonostante i 104 giorni di ospedale "non mi sono mai sentita sola, ma quasi in famiglia". "Ringrazio pubblicamente - conclude -, ognuno di voi che mi ha sopportato nel vero senso della parola e dato la giusta  carica per affrontare tutto…avrò sempre bisogno di voi e sono felice che siate voi ad accompagnarmi. Veramente grazie a tutto il reparto di ematologia di Livorno". 

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