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Cronaca

"Moby Prince, la collisione con l'Agip Abruzzo fu causata da una terza nave", le conclusioni choc della commissione parlamentare

La notte del 10 aprile 1991 al largo di Livorno 140 persone persero la vita nella collisione con l'Agip Abruzzo. I risultati della commissione parlamentare d'inchiesta

Nessun esplosivo a bordo, nessuna condizione climatica avversa, ma piuttosto la presenza di una terza nave sulla rotta della Moby Prince che, con una manovra di emergenza, fu costretta a una virata anomala e improvvisa tale da portare alla collisione con la petroliera Agip Abruzzo, ancorata laddove non avrebbe potuto essere e avvolta in una nube di vapore provocata da una probabile anomalia ai sistemi. Sono queste le rivelazioni choc sulla "strage del Moby Prince" che la notte del 10 aprile 1991 portò alla morte di 140 persone. Conclusioni basate sulla perizia di ingegneria navale realizzata dalla società specializzata Cetena e contenute nella relazione finale della seconda commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta dall'onorevole Andrea Romano, presentate questa mattina di giovedì 15 settembre al termine dei lavori iniziati un anno fa.

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Un esito che, stando a quanto ricostruito nelle conclusioni approvate all'unanimità, non lascerebbe spazio a dubbi, salvo proprio quelli sull'identificazione della terza nave: "Non abbiamo certezze - ha spiegato Romano - ma suggeriamo nelle nostre conclusioni due possibili ipotesi investigative da approfondire: una riguarda la nave 21 Oktobaar II, nave peschereccio di costruzione italiana battente bandiera della Somalia e di proprietà della società armatrice Shifco di Mogadiscio, e l'altra la presenza nel tratto di mare interessato dalla presenza di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino".  

Romano: "Eni non ha fornito i documenti in suo possesso, dopo 31 anni può fare chiarezza"

Accertate, invece, le condizioni meteorologiche che archiviano definitivamente alcune delle ricostruzioni avanzate negli anni e che hanno contribuito a creare tanta confusione su "una verità che poteva essere accertata tanti anni fa, anche subito nell'immediatezza" di quella che la commissione reputa "una strage" se non giudiziaria almeno "agli occhi della nostra coscienza civile. "Siamo arrivati alla conclusione - ha detto il presidente della commissione - che le condizioni di visibilità la sera della collisione fossero buone, se non ottime, con vento di brezza e mare calmo. Inoltre abbiamo accertato senza ombra di dubbio, grazie a studi scientifici eseguiti in modo approfondito, che la petrioliera Agip Abruzzo, contro la quale andrò a collidere il traghetto Moby Prince, si trovava ancorata in rada in una zona dove invece c'era il divieto di ancoraggio".

Significativo, infine, il passaggio in cui Romano fa appello all'Eni per mettere a disposizione quei documenti che potrebbero chiarire ulteriormente i tragici fatti del 10 aprile 1991. "Vi sono elementi su cui avremmo voluto avere maggiori informazioni - ha concluso Romano -. Ne cito uno, quello relativo alla proprietà di Agip Abruzzo, ovvero Eni. Noi ad Eni avevamo chiesto quella che con ogni probabilità fu redatta come una relazione interna. Un evento così tragico, così catastrofico, che coinvolse in maniera così importante una delle navi della flotta allora Snam, con ogni probabilità portò Eni a svolgere un'indagine intera. Ecco, purtroppo questa relazione non è stata individuata né trasmessa alla commissione. Colgo l'occasione per fare un appello all'Eni che, a 31 anni di distanza dalla tragedia metta a disposizione della magistratura, della procura, di tutti noi, dei familiari i materiali in suo possesso relativamente sia all'indagine intera sia alla preparazione dell'accordo assicurativo fra le due compagnie. Perché quell'accordo ci dice che c'era una consapevolezza immediata da parte delle società protagoniste di quell'evento, ovvero la consapevolezza delle loro responsabilità".

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