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Cronaca Rosignano Marittimo

Addio a Don Francesco Fiordaliso, il prete di strada che stava con gli ultimi e sorrideva al prossimo: "Io resto umano"

Stroncato da un male incurabile, si è spento a soli 56 anni il cappellano del carcere a lungo parroco a Castiglioncello. L'impegno sociale, la politica, le passioni: il ricordo di un uomo prima ancora che padre

Un uomo, prima che padre. Che aveva deciso di sposare Dio, accettando nella sua casa anche chi, del Signore, non aveva riguardo. Un esempio di caritatevole umanità, un cristiano veramente innamorato del prossimo e degli ultimi. Un prete di strada, che non era né don Gallo né don Milani ma che ugualmente, per vocazione, era sempre dalla parte dei più poveri e deboli. Era don Francesco, all'anagrafe Francesco Fiordaliso, scomparso a 56 anni nella notte tra venerdì e sabato 28 maggio nel reparto Cure palliative di Livorno, stroncato da una male che combatteva da tempo.

A piangerlo è la diocesi di Livorno, ma soprattutto sono le centinaia di fedeli che animavano la comunità pastorale di Castiglioncello, seguita fino al 2019 per 18 lunghi anni. E a stringersi nel dolore e nel ricordo sono anche coloro che, pur senza aver mai frequentato la parrocchia, a don Francesco si rivolgevano per una parola di conforto, un aiuto, un sorriso che il prete, ultimamente cappellano del carcere le Sughere di Livorno, dispensava a tutti.

Don Francesco Fiordaliso nel giardino degli Ulivi, a Gerusalemme (foto Facebook)
Don Francesco a Gerusalemme nel giardino degli Ulivi (foto Facebook)

Don Francesco Fiordaliso: la formazione e le passioni

Cresciuto a Sant'Agostino, era entrato in seminario dopo il liceo fino a quando, nel 1992, l'allora vescovo Ablondi lo nominò parroco a San Pio X. Da sempre impegnato con l'associazione Giovanni XXIII per il recupero delle ragazze di strada, aveva collaborato con l'associazione Randi in città per l'aiuto e l'accoglienza alle donne vittime della prostituzione e della violenza. E proprio nella 'casina' accanto alla parrocchia di S. Andrea e Immacolata concezione, a Castiglioncello, accoglieva persone in difficoltà.

"Una vocazione quella verso i più poveri e i più deboli che ha sempre caratterizzato il suo essere prete", si legge sul portale della diocesi La settimana tutti i giorni che di Francesco ricorda anche l'amore per la natura, le cose semplici, lo stare insieme. Come nei pellegrinaggi organizzati in Terra Santa o, più frequentemente, nelle decine di campeggi a Castiglioncello, con i suoi ragazzi, chitarra alla mano.

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Una passione infinita quella per la musica e per i musical, lui che era un profondo conoscitore e studioso di spartiti e testi. E poi il cinema, il calcio - tifosissimo del Milan -, la letteratura, le serie tv: ispirazioni, queste, anche per l'impegno sociale e politico con invettive sarcastiche quando, parlando per esempio di immigrazione, sfoggiò una maglietta rossa a mo' di Sheldon di "The big bang theory" per attaccare politici e tutti coloro che "aiutiamoli a casa loro", "prima gli italiani", "porti chiusi". "Siete ridicoli nella vostra stupidità – diceva –. Una risata vi seppellirà, io resto umano".

Una volta ebbe modo di sposare una coppia, genitori di una bambina di tre anni e in attesa della seconda figlia, con rito misto. Era il solo, nella provincia di Livorno, che accettò di unire in matrimonio una credente e un ateo. Il testimone, fratello dello sposo, gli chiese di poter leggere un testo su cristianesimo e comunismo, introdotto dalla canzone "Un blasfemo" di De André. Lo accolse a braccia aperte: "Bellissimo album - disse Francesco -, uno dei mie preferiti. Grazie per averlo scelto. Fabrizio era un vero cristiano, molto più di tanti preti di oggi".

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