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Cronaca

'Sardelli padre e figlio': oltre 50 opere tra dipinti, ritratti e vedute di Livorno in mostra a Firenze

L'inaugurazione è prevista per il giorno 3 marzo alle 18, alla galleria Pananti Casa d'Aste in via Maggio 28

Oltre cinquanta opere tra pastelli, disegni e acquarelli. Con paesaggi, vedute di Livorno, dipinti di marina e non solo. Si inaugura il prossimo venerdì 3 marzo alle 18 alla Galleria Pananti Casa d'Aste di Firenze, in via Maggio 28, la mostra 'Sardelli - padre e figlio', evento che resterà visitabile fino al prossimo 24 marzo. In esposizione opere del padre, Marc - nato a Livorno nel 1930 -, 'pittore di Marina' insignito del titolo dalla Marina Militare, e del figlio Federico Maria, classe 1963, pittore, incisore nonché scrittore e direttore d'orchestra di fama internazionale.

Un racconto per immagini di come in alcuni fortunati casi i talenti e le passioni di un padre possano essere tramandate al figlio, che rimodellandole sullo stampo della proprio personalità, le fa sue trovando il suo stile e la sua cifra. La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle 18.30.

Marc Sardelli: "Da piccolo mio figlio riempiva le carte di colore. È stato un grande regalo"

"Un figlio particolare - ha raccontato Marc Sardelli, paesaggista e ritrattista, parlando di Federico -. Sin dall'infanzia, a 5-6 anni, lasciava i compagni di gioco in giardino per salire velocemente in casa allorché udiva musica di Beethoven che quotidianamente mettevo sul giradischi. E, con le gambe incrociate, seduto sul pavimento dello studio, ascoltava silenzioso. Cosa dovevo aspettarmi nel futuro da questo figlio?". Il padre ha poi raccontato dei tanti viaggi fatti insieme.

"Riempiva le carte di colore - dice -, sorprendendomi per il risultato e l'età che gli si competeva. E per la modestia che gli è rimasta addosso pur dopo i risultati ed i successi ottenuti nella sua molteplice attività culturale, da adulto. Un regalo. Un grande regalo, unitamente al fratello minore Gerardo. E devo riconoscere - ha concluso - che il merito va anche espresso doverosamente alla mamma che lo ha 'disegnato' e completato così nel suo carattere sin da bambino".

Federico Maria: "Sono un figlio fortunato, ho trasformato le mie passioni in mestiere"

"Sono un figlio fortunato" ha detto Federico Maria, parlando della sua prima passione, la pittura, e del padre Marc. "Che possa esistere una disposizione genetica, un talento naturale o un'inclinazione congenita a far qualcosa - ha detto -, non voglio negarlo né sostenerlo, perché scivolerei nel regno dell' indimostrabile. Ciò che invece è perfettamente verificabile e comprovato è l'influsso dell'educazione e dell'ambiente in cui un bambino cresce e si forma. E io ho avuto la fortuna di poter crescere in mezzo al bello, guidato da un padre pittore verso quell'arte che precede ogni cimento pittorico: l'arte di saper osservare la realtà".

"La vera formazione - ha aggiunto - parte da quell'arte di vedere che ho citato: senza la capacità di osservare, scomporre, analizzare la realtà con gli occhi e la mente, non c'è pittura. E io ho avuto la fortuna di avere un babbo che non mi ha insegnato un metodo o una serie di operazioni meccaniche, ma mi ha aperto gli occhi all'osservazione. Capitava spesso che, tornando a casa dallo studio, entrasse nella mia stanza e mi raccontasse qualcosa che aveva visto o l'aveva colpito: il bellissimo tramonto alla curva dell'Accademia, uno scorcio architettonico interessante, un personaggio particolare visto sull'autobus. Per descrivermi queste immagini prendeva carta e matita e tirava giù dei piccoli capolavori con un'esattezza e una capacità mnemonica formidabili. Era l'arte di osservare, analizzare e ritenere la realtà per poi ricrearla a piacimento".

"Da mio padre - ha proseguito - ho imparato che la mente e l'osservazione precedono sempre la mano. Il disegno o il dipinto si costruisce prima nella testa e poi si tira giù. Ma per imparare a vedere bisogna trascorrere giornate a catturare la realtà. Fra i miei più cari ricordi vi sono le giornate passate con mio padre a disegnare all'aperto, su un taccuino oppure con i colori, a Montenero come nella vecchia Venezia, a Este come a Norimberga. Catturare la luce, le proporzioni di un'architettura, i riflessi dell'acqua, valutare quale ombra sia più scura dell' altra, individuare l'esatto punto di fuga di una prospettiva. Da grandicello, quattordicenne, ho avuto anche la disgrazia di avere mio padre come vero insegnante: fu quando divenne direttore dell'Accademia di belle arti Trossi-Uberti, nella bellissima villa ardenzina circondata dal parco. Lì mi iscrissi ai corsi accademici ma, lungi dall' aver qualche vantaggio da quel legame familistico, ne ebbi solo grane. Da pittore - ha concluso - , non avrei potuto desiderare una mostra migliore di questa fatta insieme, io a 59 anni, lui a 93. Sono un figlio fortunato".

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