rotate-mobile
Cronaca

Addio all'ingegnere Pier Luigi Razzauti, progettò la Gran Guardia e il grattacielo di piazza Attias

Si è spento a 98 anni una delle figure più importanti della città: tra le sue opere anche il teatro Moderno e il restauro del Goldoni

Con il suo lavoro nel corso dei decenni della ricostruzione e del boom economico ha trasformato un pezzo del volto della città: dalla Gran Guardia al grattacielo di piazza Attias, fino a molti edifici residenziali che hanno composto anno dopo anno l'orizzonte della città, o skyline come si usa dire oggi. È morto a 98 anni Pier Luigi Razzauti, ingegnere, uomo di cultura, grande livornese appassionato della sua città, che ha contribuito – con la sua professione – alla ricostruzione e allo sviluppo della città nel Dopoguerra.

Livorno piange la scomparsa dell'ingegner Razzauti, ecco come ha cambiato il volto della città 

Tra gli edifici progettati da Razzauti ci sono il cinema teatro Moderno, in via dell'Angiolo, che nel frattempo di recente è stato trasformato in un parcheggio, e quello che per molto tempo è stato il principale teatro e cinema della città, la Gran Guardia. "Il processo per giungere a quel risultato – raccontò lui stesso in una rivista specializzata – non fu stringato. Pensando ai tempi tecnici di certe realizzazioni dei nostri giorni, e considerato che l'inaugurazione avvenne a meno di nove anni dalla fine della guerra, si può tranquillamente affermare che si procedette in tempi assai rapidi. Il totale del tempo impiegato superò infatti di poco i tre anni". La realizzazione della Gran Guardia, spiegava, si inseriva nel piano di ricostruzione del centro, a partire da piazza Grande. "Tutte tappe fondamentali del cammino per ridare alla città un volto sanato dalle ferite inferte dalla guerra". In quell'articolo Razzauti descriveva anche l'interno del cinema-teatro, della cui progettazione pure si occupò.

Teatri, palazzi e il restauro del Goldoni: le principali opere di Razzauti 

"L'attrezzatura – spiegava tra l'altro – costò circa 80 milioni di lire del tempo, ma era quanto di più aggiornato ci fosse al momento e vi spiccavano il graticciato, realizzato per la prima volta in calcestruzzo anziché in legno e i servizi per gli attori (camerini e locali accessori), caratterizzati da una qualità che stupì Nino Taranto abituato, purtroppo per lui, alla fatiscenza dei servizi di gran parte dei palcoscenici di tradizione italiana". Il suo auspicio che il cinema-teatro non solo resistesse al tempo, ma fosse valorizzato dal "manifesto favore del pubblico" col passare del tempo ha dovuto cedere alle crisi del settore e alle trasformazioni socio-economiche della città.

Razzauti ha progettato poi, negli anni Sessanta, diversi palazzi del quartiere residenziale della Rosa, cosiddetta del Cep, contribuendo così all'espansione di Livorno verso Sud. Tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta ha firmato la progettazione di numerosi edifici che hanno col tempo definito il volto della città. Poi la collaborazione, per vent'anni, dal 1960 al 1980, con la Cassa di Risparmi di Livorno, per la quale ha realizzato la progettazione delle filiali di Ardenza, Quercianella, Castiglioncello, Rosignano Solvay, San Vincenzo, solo per dirne alcune. E poi ancora il primo restauro del Goldoni – quello precedente a quello definitivo concluso all'inizio degli anni Duemila -, l'allestimento del cinema Odeon, la progettazione del complesso architettonico "Imperiale", a Tirrenia.

Razzauti

Scrittore e poeta, innamorato di Livorno

Razzauti era innamorato della sua città, Livorno, e come tutti gli innamorati con la sua città ci litigava (idealmente) eppure non poteva farne a meno. Uomo di cultura sterminata, nel tempo che la sua professione gli lasciava libero si dilettava con la scrittura e la poesia. E anche in questo caso incrociava l'hobby con la passione per la sua città. Una delle prove sta in un libro con decine di poesie, tutte scritte in vernacolo. Si intitola "Perché io penso sempre in livornese, voi no?", dedicato alla famiglia (Gemma detta Mimma, la moglie, e i figli Francesco, Giampiero e Nanni). "E, se a volte na rima è n po' più amara – scrive loro - tiella di onto uguale. Der bicchiere / vella forse è la gocciola più cara. / Domane, ner momento der piacere, vando la fantasia sarà più avara, / ti farà bono ripotella bere".

Le dediche a Livorno non si contano: al suo libeccio, a piazza Grande. Molti livornesi si potrebbero ritrovare in questa che si intitola "Confessione a na città":

Se anco ti dicessi he un mi vai,

drent'alla voce ci averé n'accento

he ti farebbe intende sur momento

he da te nun potré staccammi mai

***

Se poi sentisse dì che mi lamento

di te per tutto vello he un mi dai,

he ti redo la ausa de mi guai

e la ragione der mi fallimento,

***

se tu sentisse vesto, un ci badà: 

è tutto ben che cresce. Ir fatto vero

è che c'è in ogni piega der pensiero

***

come n bisogno di dovetti amà 

e, per la rabbia he un so spiegà,

finisco per un esse più sincero.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Addio all'ingegnere Pier Luigi Razzauti, progettò la Gran Guardia e il grattacielo di piazza Attias

LivornoToday è in caricamento