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Cronaca

Il Senso del Ridicolo, la Livorno ironica e struggente di Bobo Rondelli e Paolo Virzì

Il regista di "Ovosodo" e il "famous local singer" hanno raccontato la loro città, amata e odiata, divertente e malinconica

Prosegue con eventi sold out e file chilometriche praticamente ad ogni evento il festival dell'umorismo "Il senso del ridicolo", manifestazione che ogni anno dedica un reading alla città di Livorno, capitale dell'umorismo e teatro naturale per un festival così. E quest'anno, per la quarta edizione, sul palco si sono trovati tre livornesi doc, tra i più conosciuti  fuori dal pentagono del Buontalenti, eredi e interpreti della livornesità più vera: il regista Paolo Virzì, il cantautore e scrittore Bobo Rondelli e la giornalista Rai, Eva Giovannini.

Paolo Virzì: "Qui è impossibile sentirsi troppo importante"

Paolo Virzì che da qui è partito nel 1984 per scappare dalla provincia e provare a realizzare il sogno cinematografico accarezzato in gioventù con gli amici di una vita, e Bobo Rondelli che, invece, da piazza Garibaldi non se n'è mai voluto andare. E chissà cosa sarebbe successo se fosse saltato al volo su qualche treno. Una domanda a cui lui stesso risponde caustico e pungente, con una risata: "Alla fine la vita non è il successo, i soldi. Si riduce tutto alla ricerca di una donna, e allora una città basta e avanza. Quante ne vuoi?".

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Livorno, protagonista del dibattito "Maledetti Livornesi" è una città duplice, con un lato malinconico e struggente anche più forte di quello ironico e divertente per cui è conosciuta, una città che ti perdona la fame ma non la fama. "A Livorno è impossibile prendersi troppo sul serio, qui la tragedia e l'ironia vanno a braccetto - sono le parole di Paolo Virzì- c'è però una percezione del ridicolo che è salvifica, andrebbe somministrato a mo' di medicina quando inizi a prenderti troppo sul serio. A Livorno tieni i piedi per terra per forza, non ti è permesso sentirti importante, trovi sempre qualcuno che smorza l'entusiasmo. Però fa bene, è positivo". Livorno che Paolo Virzì ama e odia allo stesso modo, a cui ha fatto la guerra e con cui si sta riappacificando. "Non siamo in guerra ma ho un rapporto ambivalente con la mia città. Si porta dietro un senso di magone e un lato ombroso, qui c'è quasi il culto della sconfitta. Quando ho bisogno di piangere vado ai giardini di via Soffredini alle Sorgenti, il quartiere dove sono nato e cresciuto, lì ci sono delle panchine che definirei malinconiche e struggenti. È una cosa che mi fa bene".

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Bobo Rondelli: "Larghe vedute e ristrettezza mentale, una città decaduta ma non decadente"

Sull'ambivalenza di Livorno anche Bobo Rondelli ha qualcosa da dire. "Di larghe vedute e ristrettezza mentale, una città decaduta ma non decandente" l'ha definita nel suo romanzo edito da Mondadori "Cos'hai da guardare". Una città in cui è facile sprecarsi, "una città dove ogni volta è facile sentirsi a casa, un posto accogliente come una trappola per topi dal quale sembra impossibile fuggire, a meno di non essere disposti a pagare il prezzo di una nostalgia infinita", la definì Simone Lenzi, scrittore, musicista e assessore alla cultura di Livorno nel suo romanzo "Sul Lungomai di Livorno". Una città da cui Bobo Rodelli non se ne va e in cui Paolo Virzì, alla fine, torna. Una città in cui, 85 anni fa proprio oggi il 28 settembre, nacque Piero Ciampi, il livornese più maledetto di tutti, quello che meglio di chiunque altro questa città l'ha raccontata e sviscerata, quello a cui Bobo e Virzì, ma anche altri, praticamente tutti a Livorno, devono tanto anche solo per quella polvere di poesia che ha sparso ovunque.

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