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Il Senso del Ridicolo, Matteo Caccia chiude tra gli applausi : "E non dite che non sono di Livorno"

Il raccontastorie di Radio 2, ormai livornese d'adozione, ha consegnato il palco a sette personaggi con una storia da raccontare legata alla città

Che Matteo Caccia sia ormai innamorato perso di Livorno è un dato di fatto. Che gli spetti di diritto la cittadinanza onoraria, anche. Dopo averci raccontato l'estate livornese nel 2017, che è uno stato mentale più che una stagione dell'anno, e dopo averci accompagnato un anno fa in un viaggio semiserio attraverso le case di livornesi con "Cerco casa a Livorno", in questa quarta edizione del festival "Il senso del ridicolo" alza l'asticella e consegna palcoscenico e microfono direttamente ai livornesi, suoi concittadini del cuore. Nel reading di chiusura, andato in scena domenica 29 settembre in piazza del Luogo Pio, il raccontastorie di Radio 2, ha diretto un'orchestra formata da Marco Voleri, Cecilia Resio, Marco Ardemagni,  Raffaele Palumbo, Stefano Busoni, Filippo Quilghini e Simone Lenzi (nella foto di Emiliano Mini JOBDV per Fondazione Livorno), livornesi e non, tutti con una storia da raccontare legata alla città.

Le storie dei livornesi: dalla parigina tornata in città alla "Mano d'amaranto su Palazzo Blu"

E così, per un'ora , si sono susseguiti fitti e ritmati i racconti del fabbro Stefano e della sua avventura con un ladro un po' maldestro, messo ko e consegnato alla polizia grazie anche all'intervento di un condominio intero; di Marco Voleri, tenore dalla carriera internazionale che alle prime luci dell'alba si sente chiamare per nome in un aeroporto portoghese niente di meno che da un compagno d'asilo che lo saluta come se si fossero visti ieri a pranzo; di Cecilia che dopo 17 anni a Parigi si trova a fare i conti con la burocrazia labronica per ottenere l'agognata lettera per il parcheggio e col senso di colpa per aver vissuto fuori, "a Parigi sì, ma non a Livorno". E poi i "fuori sede": Filippo, maremmano che racconta a tutti il mito di Livorno, città sognata da chi non ha la fortuna di viverci, e Marco Ardemagni, voce di Caterpillar e grande esperto di calcio che ha rispolverato l'impresa sfiorata dal Livorno calcio il 20 giugno 1920 quando arrivò, unica squadra del centro sud, a un passo dallo scudetto, vinto poi dall'Inter. "Il prossimo anno saranno 100 anni da questa impresa titanica - ha raccontato Ardemagni - e mi aspetto che la città la ricordi come merita".

il senso del ridicolo giorno uno (13)-2

E dopo il livornese Raffaele Palumbo che ha raccontato come negli anni '80 la figura del portuale fosse una specie di potenza imbattibile in città, con la compagnia portuale a fare da garante anche in situazioni paradossali, è stata la volta di Simone Lenzi, musicista, scrittore, esiliato a Fauglia in epoca Cinquestelle e tornato in città da assessore alla cultura che ha raccontato come è nata davvero l'idea della mostra su Amedeo Midigliani che aprirà i battenti il prossimo 7 novembre al Museo della Città. "Amedeo Modigliani per anni mi è sembrato inarrivabile, troppo famoso, esposto in tutti i più grandi musei del mondo, uno tra gli artisti più importanti e quotati della storia dell'arte - ha raccontato Lenzi dal palco del festival - sembrava davvero una cosa impossibile riuscire a riportarlo a Livorno, sembrava che non avesse più nessun legame con questa città".

Ma quando è arrivata la mostra a Palazzo Blu a Pisa nel 2014, lì è entrato in gioco l'orgoglio: Modigliani non poteva tornare a casa a Pisa. "Poi sono diventato assessore, ho iniziato a pensare a come fare per superare questo smacco e riportare Modigliani davvero a casa e alla fine siamo riusciti a ottenere un risultato importante". Ma c'è una cosa che Simone Lenzi avrebbe voluto dire alla conferenza stampa ufficiale di presentazione della mostra, una cosa che non ha potuto esprimere per il contegno imposto dal ruolo istituzionale. "Ve la dico qui, stasera, tra amici - ha deciso Lenzi -. Bimbi, avete presente Palazzo Blu? E gli s'è dato una bella mano d'amaranto".

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