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Calcio

Africa Academy, la squadra di rifugiati che "produce" campioni e integrazione

La formazione del presidente Franco Marrucci, da cui è passato anche il talento del Sassuolo Hamed Traoré, ha preso parte per la prima volta al campionato provinciale amatori Uisp. Ma lo scopo primario rimane quello umanitario e sociale

Un campionato, il primo disputato, chiuso al sesto posto. Ma il risultato, in questo caso, passa in secondo piano. Sì, perché l'Africa Academy, formazione che ha preso parte all'ultimo torneo provinciale amatori Uisp, più che una squadra di calcio è un progetto di integrazione sociale, volto a favorire l'inserimento di ragazzi stranieri che, spesso, si ritrovano nel nostro Paese soli, senza legami e scollegati da ogni tessuto socio-economico. E per loro, lo sport, diventa un mezzo per stringere amicizie, per divenire parte integrante della comunità e, più semplicemente, per sentirsi ragazzi come tanti.

Una stagione, quella appena conclusa, che l'Africa Academy ha voluto festeggiare martedì 5 luglio con una cena al circolo Arci "Luigi Norfini" di Colline, alla quale, oltre all'intero staff, ha partecipato parte della squadra (molti ragazzi non hanno potuto essere presenti causa di impegni lavorativi) ed alcuni giocatori dell'Unione Sportiva Livorno 1915. Con la promessa, a settembre, di presentarsi nuovamente ai nastri di partenza del nuovo campionato: "Sì, ci saremo ancora. Per i nostri ragazzi questa è anche un'occasione per far sentire fiera tutta la comunità africana presente in città", afferma il presidente Franco Marrucci.

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Franco Marrucci: "Ragazzi abbandonati spesso a se stessi, noi vogliamo aiutarli ad inserirsi nella società"

"Per noi è stata una vittoria, visto che nessuno credeva che potessimo arrivare fino in fondo e concludere la stagione - racconta Franco Marrucci -. Ad inizio campionato c'è stato qualche episodio di discriminazione razziale, in particolare uno, durante il quale sono volate parole assolutamente fuori luogo, ma i nostri ragazzi sono ormai ferrati in materia, sia perché, purtroppo, sono abituati a sentire tutti i giorni queste parole, sia perché mentalemente li abbiamo preparati a non rispondere alle provocazioni. In campo poi i nostri atleti, dopo le difficoltà iniziali, si sono fatti valere".

Quello che più conta, però, è la valenza sociale del progetto: "Questi ragazzi vengono in Italia alla ricerca di un futuro, ma spesso sono abbandonati a se stessi - spiega il presidente di Africa Academy -. Noi, per loro, cerchiamo di essere un punto di riferimento, cerchiamo di supportarli in tutte quelle che possono essere le problematiche della vita quotidiana. Mi riferisco ad esempio ai ragazzi di piazza Garibaldi, ai quali nessuno ha pensato durante la pandemia chiedendosi se avessero bisogno di mascherine, se fossero positivi e quant'altro. Per non parlare della questione relativa ai vaccini: non avevano neanche idea di dove dover andare per ricevere la somministrazione. Ecco, noi li abbiamo accolti ed abbiamo cercato di dare loro un aiuto. E poi, per alcuni di loro, questa può essere anche un'occasione per farsi notare dal punto di vista sportivo".

Come nel caso di Hamed Traoré, calciatore che, dopo le prime esperienze all'Empoli, si è definitivamente affermato in Serie A con la maglia del Sassuolo, con la quale ha realizzato ben otto reti (sette in campionato, una in Coppa Italia) nel corso dell'ultima stagione e che, sei anni fa, proprio con l'Africa Academy ha mosso i suoi primi passi nel mondo del calcio in Italia: "Sì - racconta Marrucci -, nel 2016 Traoré è stato da noi per cinque o sei mesi, poi, dopo non essere stato neanche considerato dal Livorno, è stato preso dall'Empoli, che lo ha inserito nel suo settore giovanile. Pensa, di quella squadra forse non era neanche il più bravo, ma gli azzurri puntarono su di lui vista la giovane età. Adesso - ha aggiunto - abbiamo un portiere di 18 anni che promette davvero bene. Speriamo possa seguire le sue orme".

Stefano Chiellini: "La nostra una missione umanitaria"

"Nelle prime cinque partite, malgrado i ragazzi fossero molto carichi, i risultati sono stati negativi, poi pian piano siamo riusciti a trovare la giusta quadratura e le cose sono migliorate - afferma Stefano Chiellini, uno dei dirigenti accompagnatori di Africa Academy insieme a Maurizio Zicanu, Massimo Anfossi e Fabio Corucci. -  Un campionato, prima d'ora, non lo avevamo mai fatto, anche a causa degli impegni lavorativi di gran parte dei ragazzi, che, essendo impiegati per lo più nel settore agroalimentare e della ristorazione, fanno orari assurdi. Quest'anno avevamo ben 39 tesserati, ma avere la squadra base a disposizione era un'impresa".

"È stata dura per tutti, soprattutto per i ragazzi - continua Chiellini -. Abbiamo fatto tutto a spese nostre, dalle visite mediche all'abbigliamento, passando per gli esami specialistici a cui si sono dovuti sottopporre alcuni dei nostri atleti: a due di loro sono stati trovati problemi al cuore ed uno ha dovuto sottoporsi ad un piccolo intervento. I ragazzi, gran parte dei quali avevano già giocato nei loro Paesi di origine, sono però felicissimi di aver fatto questa esperienza. Si è venuto a creare un grande senso di appartenza, come dimostra il fatto che alcuni di loro, che erano andati in Categoria, hanno deciso poi di tornare da noi". 

"La nostra missione - aggiunge - è però principalmente di tipo umanitario, cercando di favorire l'integrazione e l'inserimento nella società. Questi ragazzi si trovano spesso a dover convivere con mille difficoltà: basti pensare alla chiusura dei centri di prima accoglienza, che li fatti rimanere praticamente fuori da ogni aiuto, come i vaccini. Noi cerchiamo di offrirgli un punto di riferimento, aiutandoli sì in campo, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni".

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