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Serie B, Spinelli: "I miei venti anni da presidente del Livorno"

Il presidente ripercorre la storia che lo lega agli amaranto dalle gioie "le promozioni in A" ai dolori "la morte di Morosini"

Venerdi 1 marzo Spinelli festeggerà i 20 anni di presidenza del Livorno calcio. Un primo regalo gli è già stato fatto dalla sua squadra capace di battere il Venezia al 90' grazie ad un gol di Raicevic. Mercoledì 28 febbraio c'è la sfida contro lo Spezia, ma il patron amaranto, in una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, ha voluto ripercorrere le tappe della sua storia all'ombra dei 4 Mori partendo proprio dall'acquisizione: "Ho chiuso l'affare per sei miliardi e poi sono andato a vedere la partita contro il Lumezzane". Durante questi venti anni si sono alternate gioie "le promozioni in A e la partecipazione alla coppa Uefa" e dolori "non potrò mai scordare la morte di Morosini". Spinelli e il Livorno sono legati da qualcosa che va oltre il semplice legame tra presidente e società: "Ormai vado avanti per pura passione anche se ogni anno è una rimessa continua". Siamo abituati al presidente che si lamenta dei costi di gestione per cui frasi come "con il Livorno ho perso circa 60 milioni l'equivalente di due terminal e 400 camion" sono all'ordine del giorno. Il patron è fatto così. O si ama, o si odia. Ma lui va sempre avanti per la sua strada: "La contestazione dei tifosi? Sono una minoranza, tutti mi chiedono di non mollare". E quando gli viene chiesto della presunta cordata guidata da Mirco Peiani glissa subito: "L'accordo è lontano". Persona esternamente decisa e determinata, in questi anni si è guadagnato le luci della ribalta anche come "mangia allenatori": "Donadoni è stato l'esonero più sbagliato. Se un giorno torniamo in A sarà la mia prima scelta. Mazzarri? Se ha problemi con la squadra tira sempre in ballo la società. Breda? Trasmette serenità e ci sentiamo sempre a fine di ogni partita". Chiusura con Lucarelli, invocato a gran voce dalla piazza e cacciato dopo appena sei punti raccolti: "E' stato sfortunato, ma è difficile essere profeti in patria. La gente da lui si aspettava troppo".  

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