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Cronaca

Il mondo della boxe piange Franco Nenci: "Campione umile, uomo semplice e grande maestro di pugilato"

Il cordoglio per la scomparsa del mito del ring livornese, argento olimpico nel 1956 a Melbourne: "Un saggio della palestra, risolveva ogni problema. Impossibile non volergli bene"

La scomparsa di Franco Nenci ha lasciato una profonda ferita nell'ambiente pugilistico livornese. In molti hanno voluto ricordare il campione umile, argento olimpico a Melbourne nel 1956, grandissimo maestro di boxe e uomo di una straordinaria semplicità e umiltà. Tra i primi a omaggiarlo, Lenny Bottai, "la mangusta di Franco Nenci", e Damiano Bani, direttore dell'Accademia dello sport dove Franco ha insegnato a lungo l'arte della boxe.

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Bottai: "Un grande maestro che mi ha accompagnato nei miei primi passi"

"Franco e stavo il mio primo maestro assieme a Ivo Fancelli - commenta Lenny Bottai -, avevo 14 anni quando per la prima volta ci siamo conosciuti e abbiamo intrapreso il percorso del mondo della boxe. Con lui sono rimasto fino a quando, a 21 anni, decisi di smettere con quel mondo per poi riprenderlo in un secondo momento. Ricordo come se fosse oggi gli allenamenti, i viaggi in treno, sì perché Franco non guidava, le trasferte nei posti più sperduti per andare a combattere e mille aneddoti, tra cui quello del taglio dei miei capelli".

Un aneddoto che Bottai ricorda col sorriso: "La federazione non voleva che combattessi con i capelli lunghi - racconta l'ex pugile - e lui tutte le volte mi diceva che li doveva tagliare perché altrimenti non mi avrebbero fatto combattere. Io però mi rifiutavo e allora Franco diventò il mio parrucchiere. Prima di ogni incontro, negli spogliatoi, mi faceva le trecce e me le nascondeva sotto al casco ridendoci su. Quando ho aperto la mia palestra e ho ripreso a combattere veniva sempre a trovarmi e ogni volta, prima di un incontro, veniva negli spogliatoi a incoraggiarmi. Un grande uomo e un grande pugile".

Bani: "Era una persona semplicissima e umile, tutti gli volevano bene"

"Tutti quelli che mi chiamano piangono - commenta Damiano Bani, direttore Accademia dello sport -, sto soffrendo molto perché alla fine gli volevamo molto bene. Franco era una persona dolcissima, un saggio della palestra, un campione olimpico ma semplicissimo e umile. Non ha mai discusso con nessuno, riusciva a risolvere tutti i problemi: è stato una guida, un faro, un maestro. È entrato con noi nel 1991 ed è sempre stato un orgoglio, la nostra punta di diamante. Tutti sono passati da lui: Luca Tassi, Lenny Bottai e anche Aldo Montano, che veniva ad allenarsi e si faceva insegnare qualche mossa utile da poter usare nella scherma".

Aldo Montano: "Sport e personalità diverse, ma parlavamo la stessa lingua"

"Ciao Franco - scrive su Instagram il campione olimpico di Sciabola, Aldo Montano -, sono indimenticabili le chiacchierate estive fatte all'ombra del ring dell'Accademia dello sport quando tornavo a Livorno per le vacanze estive. Abbiamo riso e scherzato parlando di sport, di boxe e di scherma, della nostra Livorno, di emozioni olimpiche. Alla fine nonostante sport e personalità diverse abbiamo sempre parlato la stessa lingua. Ogni estate mi insegnavi a tirare di boxe, o almeno ci hai provato. Un mese all'anno è troppo poco perché mi possa definire un pugile, ma è stato utile perché, come ci dicevamo sempre, la scelta del tempo, la misura, la personalità, il carattere sono qualità fondamentali sia nella scherma che nel pugilato! Buon viaggio piccolo grande uomo".

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