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Cronaca

Scorie pericolose nell'inceneritore, Arpat: "Nessun impatto sulla salute". Rifiuti Zero: "Qualcosa non torna, ecco perché è stato chiuso"

Dopo la chiusura del termovalorizzatore al Picchianti, l'agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana precisa: "Non abbiamo chiesto noi la chiusura dell'impianto". I dubbi del comitato: "Situazione grave, l'impianto doveva essere già stato fermato"

"Scorie pericolose" ma "nessun rischio per la salute dei cittadini" perché le stesse "non sono utilizzate in ambiente esterno". È questa la rassicurazione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) in merito al caso delle ceneri pesanti rinvenute nelle analisi effettuate lo scorso febbraio e generate dalle griglie del forno di incenerimento dell'impianto termovalorizzatore al Picchianti. Scorie che, nei giorni scorsi, hanno portato alla chiusura in via cautelativa dell'inceneritore, decisa autonomamente da Aamps in attesa di nuovi rilevamenti. Una decisione che tuttavia non convince il comitato Rifiuti Zero, secondo cui le ragioni dello stop all'impianto sarebbero ben diverse e più gravi di quelle fornite dall'azienda: "Vogliamo azzardare l'ipotesi - fanno sapere dal comitato - che l'inceneritore sia stato stoppato in seguito al contenuto esplosivo del verbale della conferenza dei servizi dello scorso 31 maggio, convocata dalla Regione per discutere la proroga dell'autorizzazione per l'impianto".

Arpat: "Scorie inglobate in materiale cementizio, nessun rischio per la salute dei cittadini" 

"Il materiale esaminato è risultato classificabile come 'rifiuto pericoloso' - spiegano da Arpat -. Per chiarezza sottolineiamo, infatti, che dal processo di termovalorizzazione si generano due tipologie di rifiuti, ossia le ceneri leggere dalla sezione di depurazione dei fumi di combustione, e le scorie (ceneri pesanti), dalle griglie del forno di incenerimento. Queste ultime rappresentano oltre il 20% dei rifiuti inceneriti e nel caso dell'impianto di Livorno, vengono avviate a recupero presso aziende specializzate, che le utilizzano inglobate in materiali cementizi. Sicuramente questo tipo di impiego non può ingenerare problemi alla salute delle popolazione, in quanto le scorie non vengono utilizzate direttamente nell'ambiente, grazie al processo produttivo utilizzato".

Intanto Arpat comunica anche di aver presenziato, lunedì scorso 26 giugno, al campionamento sulle scorie a cura del gestore e seguirà le successive attività analitiche per garantire i necessari approfondimenti sulle caratteristiche dei materiali. "Si precisa che l'Agenzia non ha richiesto la fermata dell'impianto poiché non sono stati riscontrati superamenti emissivi né impatti diretti sull'ambiente né impatti sui comparti ambientali potenzialmente interessanti per la salute pubblica. L'analisi contestata è relativa ai rifiuti prodotti dall'impianto, che rimangono come scorie dopo l'incenerimento dei rifiuti stessi e che vengono smaltiti/recuperati secondo normativa vigente".

Rifiuti Zero: "Queste le vere ragioni della chiusura. E preoccupa l'impiego delle scorie in materiale cementizio. Trent'anni fa anche l'amianto era sicuro..."

Molti i dubbi sollevati dal comitato Rifiuti Zero che parla di "giallo" sulla chiusura d'urgenza dell'inceneritore di Livorno la quale "assume caratteristiche tragicomiche". "Aamps ha in un primo momento incolpato le analisi Arpat del febbraio scorso sulle ceneri dell'inceneritore, causando un diffuso allarme per il trattamento, almeno dallo scorso febbraio fino a metà giugno, di ceneri ufficialmente "non pericolose" che invece sarebbero risultate pericolose - si legge nella nota -. Arpat ha però successivamente smentito qualsiasi rischio per la sicurezza dei cittadini, affermando di non aver chiesto ad Aamps la chiusura dell'impianto. Tentando di chiarire, però, Arpat non fa altro che alimentare la confusione nell'opinione pubblica: se non fa alcuna differenza il trattamento di ceneri pericolose da quello delle ceneri non-pericolose, allora perché Arpat ne controlla e verifica l'eventuale pericolosità? Perché le ceneri che secondo Arpat sono sicure vengono classificate come 'pericolose'?".

"Per niente tranquillizzante - proseguono da Rifiuti Zero -, a nostro avviso, anche l'affermazione secondo la quale le ceneri eventualmente pericolose possano essere 'inglobate in materiali cementizi': dopo aver costruito, per decenni, case e scuole utilizzando amianto, mentre le autorità pubbliche rassicuravano la popolazione sulla innocuità del materiale utilizzato, adesso rischiamo di costruire case, scuole o quant'altro con le ceneri degli inceneritori, sicurissime secondo le autorità...salvo eventuali ripensamenti tra 20 o 30 anni". Dunque perché chiudere l'inceneritore, si chiedono dal comitato: "La verità è che la stessa Aamps ha denunciato ufficialmente, nel luglio scorso, che l'inceneritore ha continuato a perdere soldi anche negli ultimi anni, per una media di 2,33 milioni all'anno di deficit, come confermato anche nel 2022 nonostante gli extra ricavi dovuti alla crisi energetica, che ha permesso per un brevissimo periodo di vendere a prezzi folli l'energia prodotta dall'inceneritore". "Vogliamo azzardare l'ipotesi secondo cui l'inceneritore non sia stato chiuso solo per le analisi Arpat di febbraio, ma per il contenuto esplosivo del verbale della conferenza dei servizi dello scorso 31 maggio, convocata dalla Regione per discutere la proroga dell'autorizzazione per l'impianto". Un verbale, dicono ancora da Rifiuti Zero, dal quale risulterebbe che:

  • "gli adeguamenti impiantistici che Aamps intende intraprendere non sono chiari se non per il fatto che la loro realizzazione sembra non essere economicamente sostenibile";
  • manca "una valutazione integrata dell'inquinamento" prodotto dall'impianto;
  • "mancano le procedure per il controllo radiometrico", obbligatorie per legge, quindi non sembra esserci nessun controllo della presenza di eventuale materiale radioattivo tra i rifiuti trattati;
  • manca la documentazione attestante il rispetto delle prescrizioni e disposizioni previste dalla normativa ambientale;
  • non è stato depositato il piano di emergenza interno, da consegnare alla Prefettura;
  • mancano le informazioni sull'approvvigionamento idrico e sul piano di gestione delle acque meteoriche contaminate e non contaminate;
  • manca il piano di gestione in caso di incidenti;
  • manca il piano di dismissione dell'impianto;
  • manca un piano di rientro dai parametri, attualmente derogati, per gli scarichi in pubblica fognatura, oltre ad un progetto di gestione delle acque adeguato alle norme di riferimento;
  • le emissioni di ossidi di azoto (NOX) sono passate da 120 mg nel 2018 a 170 mg attuali, mentre la normativa sulle migliori tecnologie da applicare (BAT) prevede un intervallo tra 50 e 150 mg;
  • Arpat scrive: "occorre evidenziare che oltre ad una difettosa combustione, le fasi di arresto e riavvio del processo termico, danno luogo a transitori, con un aumento, oltre che delle concentrazioni di monossido di carbonio, anche di altre specie chimiche";
  • la Regione denuncia che l'inceneritore non rispetta da almeno 4 anni l'indice di efficienza energetica (R1) necessario per essere qualificato come impianto di recupero energetico anziché come semplice impianto di smaltimento, al pari delle discariche. Quindi da ben 4 anni l'inceneritore non avrebbe potuto ricevere il quantitativo di rifiuti consentito in presenza della qualifica R1: una ennesima grave violazione degli standard minimi ambientali;
  • manca perfino una struttura di confinamento efficace per limitare la diffusione delle polveri risultanti dalla combustione dei rifiuti, nella fase di caricamento delle stesse sui camion per il trasporto e lo smaltimento in discarica.

"A nostro parere è evidente - concludono da Rifiuti Zero - che una situazione così grave richiedesse uno stop immediato all'impianto, ma certamente non per ripristinarne a breve l'attività dopo nuove analisi sulle ceneri, ma anzi per tornare al piano di spegnimento definitivo presentato lo scorso anno e previsto per il prossimo ottobre". Il tutto, sempre secondo il comitato, considerando che:

  • la dismissione dell'impianto costituisce un indiscutibile vantaggio finanziario (17 milioni di perdite negli ultimi anni, ripianate con la bolletta TARI);
  • gli impianti alternativi esistono già e si trovano nel territorio di Retiambiente, società capogruppo di Aamps, come ad esempio quello in Versilia;
  • i lavoratori dell'inceneritore possono essere agevolmente ricollocati in altri servizi e impianti;
  • sprecare decine di milioni per ammodernare un impianto inutile e costoso costituirebbe un danno alle casse pubbliche di cui supponiamo nessuno vuole essere chiamato a rispondere.
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