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Us Livorno, Mazzoni: "Avevo chiuso con il calcio, ma all'amaranto non potevo dire no. Cancellare gli ultimi 18 mesi per rinascere"

Il portiere torna ad indossare la maglia della propria città dopo aver scontato la squalifica per doping: "La ripartenza il momento più bello. Nessuna rivincita, la vendetta ce la dobbiamo prendere sul campo"

Il sorriso di chi torna ad indossare la maglia del cuore, le lacrime e la commozione di chi ha deciso di rimettersi le scarpette anche per tener fede "a una promessa fatta a mio figlio". È un concentrato di emozioni Luca Mazzoni, tornato in amaranto a distanza di due anni e mezzo da quel Lecce-Livorno del 17 febbraio 2019, al termine del quale venne trovato positivo ad un controllo antidoping che lo ha poi costretto a scontare una lunga squalifica. Uno stop che sembrava aver messo la parola fine alla carriera del portiere, costretto ad assistere dall'esterno al naufragio del club della sua città, sprofondato, nel giro di pochi mesi, dalla Serie B all'Eccellenza.

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Ma Mazzoni, livornese purosangue dal carattere sanguigno, non ha saputo dire di no alla chiamata del direttore sportivo Raffaele Pinzani, che, insieme al presidente Paolo Toccafondi, ha deciso di affidare proprio a lui la difesa della porta amaranto nella stagione 2021/2022, quella della rinascita e della ripartenza dopo il collasso della società guidata dai vari Spinelli, Aimo, Gherlone, Presta e Casella. E il giocatore, affiancato nel pomeriggio di martedì 31 agosto proprio dal ds e dal club manager Igor Protti nella presentazione allo stadio Armando Picchi, non ha nascosto i propri sentimenti: "Pensavo di aver smesso con il calcio, soltanto al Livorno potevo dire di sì". 

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Bentornato Luca. Per te sono stati due anni difficili: c'è qualcosa che ti ha ferito particolarmente in questo periodo?
"A me non ha ferito niente, quando capitano certe cose si sa che ci sono persone che ti vogliono bene e che ti stanno vicine, altre che non ti vogliono bene e che provano piacere ed altre ancora che pensavi rimanessero al tuo fianco ed invece non le trovi. Quello che mi ha fatto davvero male è stato il trattamento riservato al Livorno in questi ultimi tempi. Io adesso sono un privilegiato che ha la possibilità di riconquistare qualcosa di importante con questa società. Sono in debito con le persone che mi hanno voluto qua, non con il Livorno: questo deve essere chiaro".

Torni al Livorno in una situazione in cui è tutto da ricostruire.
"La ripartenza è la cosa più bella che possa esistere: quando tocchi le stelle sai che più di lì non potrai andare ed anzi, negli ultimi anni è stata una continua discesa. Adesso c'è da ricostruire tutto, non solo la squadra, ma l'intero ambiente: possiamo farlo finalmente liberi da situazioni ormai incancrenite che hanno portato alla rovina della nostra maglia. Quello che è mancato a me conta poco, è il momento di guardare soltanto avanti per ricostruire qualcosa di bello per noi".

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Sei sempre stato legatissimo a questa maglia, seguendola come un normale tifoso. Che emozioni stai vivendo adesso?
"Le mie emozioni sono quelle di un ragazzo che aveva deciso di smettere: la decisione di tornare a giocare non l'avrei mai presa per nessun'altra squadra. Stavo ormai già pensando a quello che doveva essere il domani. Ci avevo provato a gennaio, ma poi mi sono dovuto fermare per sottopormi a un intervento. Io non sono uno che crede molto nel destino, ma evidentemente doveva andare così. Tutto si è infatti un po' collegato: se non avessi ripreso ad allenarmi a gennaio probabilmente non avrei fatto a tempo a partecipare a quest'avventura. Avevo poi fatto anche una promessa a mio figlio (si commuove, ndr). Queste persone mi hanno dato una possibilità e non potevo dire di no. L'unica condizione che avevo posto era quella di essere al 100% al momento di andare poi in campo, altrimenti invece di essere un valore sarei diventato un elemento controproducente".

Ti aspettavi una chiamata da parte della nuova società?
"Non speravo in una chiamata, io in quel momento ero solamente un tifoso. Non ho mai pensato di alzare il telefono per chiamare qualcuno perché è giusto che una nuova società, nel momento in cui va ad iniziare il proprio lavoro, non debba sentirsi succube del passato. Poi, quando sono stato contattato dal direttore, non ci ho pensato molto a dire di sì".

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Senti di doverti togliere qualche sassolino dalle scarpe andando alla ricerca di una rivincita?
"Non ho desideri di vendetta o cose analoghe, in questi due anni ho imparato che tale atteggiamento non porta a niente se non a stare ancora più male. La vendetta dobbiamo prendercela sul campo, dobbiamo cancellare quello che è successo nell'ultimo anno e mezzo".

Per te sarà un nuovo inizio: ti tremeranno le gambe al ritorno in campo?
"Assolutamente no. Ci saranno emozioni positive, ma sono proprio quelle che mi hanno sempre impedito di farmi tremare le gambe. Se ci tremano le gambe diventa un problema, mentre se andiamo in campo per divertirci possiamo fare belle cose".

Qual è l'obiettivo che ti sei prefissato?
"Quello di tutti: che il Livorno tra due o tre anni sia di nuovo tra i professionisti. Il mio obiettivo personale è aiutare la squadra a raggiungere questo traguardo. Io non ho altro da chiedere alla mia carriera: giocare altre 20 partite in Eccellenza o in D non cambia niente al mio percorso". 

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Che aria si respira all'interno della squadra? C'è il giusto entusiasmo per risalire il più in fretta possibile?
"Adesso l'entusiasmo è palpabile, siamo usciti da una situazione divenuta insostenibile. La cosa che mi è mancata maggiormente in questi mesi è il contatto con i ragazzi: non vedo l'ora di conoscere i compagni e formare con loro non un gruppo, ma una famiglia. Soltanto così possiamo rialzarci".

Che impressione ti ha fatto la nuova società in questi giorni?
"Le mosse che hanno fatto fin da subito mi hanno convinto. Due anni fa Igor Protti è stato lasciato andare come se niente fosse, mentre una persona del genere, per quel che rappresenta per questa squadra, dovrebbe restare a vita in società. Adesso viene vissuto come straordinario qualcosa che invece avrebbe dovuto essere la normalità. Anche il presidente mi ha fatto un'ottima impressione: con chi c'era prima ero abituato ad avere un rapporto totalmente diverso. Direi che siamo partiti al meglio".

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