rotate-mobile
Cronaca

Armando Picchi, a cinquant'anni dalla scomparsa Sandro Mazzola ricorda il suo capitano: "Un comandante vero"

Intervista alla bandiera dell'Inter, classe '42, protagonista di molte stagioni a fianco del difensore livornese alla corte del mago Herrera: "Sapeva quando era il momento di parlare, Armando ti entrava in testa"

"Era quello che sapeva quando era il momento di parlare con un compagno. Ti si avvicinava, ti entrava in testa e ti scuoteva… un comandante vero". Questo era Armando Picchi, un campione al di fuori del tempo e diventato leggenda. Leader autentico, partito da Livorno e capace di conquistare il mondo alla guida di una corazzata come l'Inter del mago Helenio Herrera che, tra il 1960 e il 1967, costrinse l'Italia e l'Europa a inchinarsi ai suoi piedi. In questi giorni, nel 1971, a 36 anni moriva uno dei cuori livornesi più amati. Mai dimenticato. Colonna dei nerazzurri del presidente Angelo Moratti, lasciò Milano nel 1967 con tre Scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali in bacheca. L'emozione nel ricordarlo è quella di un campione come Sandro Mazzola, classe '42, il sentimento unico di un compagno di battaglie e trionfi, di chi al fianco di un mito ha scritto la storia: "Era il nostro capitano", racconta a LivornoToday con emozione.

picchi Mazzola 1962-63-2
Sandro Mazzola e l'abbraccio dell'Inter al capitano Armando Picchi

Buongiorno signor Mazzola. Tante stagioni piene di soddisfazioni e di vittorie, con il livornese Picchi leader in campo: com'era da capitano nello spogliatoio della grande Inter? 

"Ricordo che appena entrava si metteva subito a sedere, e quando in particolar modo le cose non andavano bene tutti facevano un silenzio assoluto. Poi Picchi andava dai campioni, uno per uno, soprattutto quelli in grado di cambiare le sorti dell'incontro, e li incitava come solo lui sapeva fare, dicendo loro che stavano comunque facendo una grande partita, una gara eccezionale. E in ognuno di noi scattava qualcosa, a tal punto che neanche ricordavi che cosa avevi fatto fino a quel momento".

C'è, tra i tantissimi, un episodio in particolare che merita di essere ricordato?

"A Budapest, per esempio. Giocavamo la gara di ritorno degli ottavi di finale in casa del Vasas, era la Coppa dei Campioni del 1966. Erano forti, l'avevamo preparata bene e la sentivamo moltissimo. Noi partimmo male, io non riuscivo a trovare la posizione giusta in campo. Il capitano, che stava sempre dietro, in difesa, venne su, mi prese e disse con grande carica ‘sei il più forte di tutti, ora fai gol'. E ne feci due alla fine".

Un leader in grado di trovare sempre la parola giusta. Dentro e fuori dal campo.

"In un altro episodio, sempre in Coppa dei Campioni, ero disperato. Sbagliai un gol all'apparenza molto semplice, in pratica a porta vuota perché il portiere era ormai superato. Si avvicinò e con l'indice puntato verso la tempia mi disse ‘l'avrebbero sbagliato tutti, non era facile. Segnerai dopo'. Dava l'esempio, sempre e comunque, anche quando in ritiro la sera dovevamo restare tutti nelle nostre camere. Si metteva nel corridoio, su una sedia, e controllava. E se vedeva qualcuno prometteva di riferire tutto… ma poi non lo diceva mai a nessuno".

Anche lei è stato protagonista delle partite al ‘gabbione' di Livorno in quelle estati degli anni '60?

"Sì, ricordo di essere venuto a Livorno almeno una o due volte per giocare con i compagni dell'Inter. Un'esperienza fantastica, era bellissimo e per me era come rivivere i tempi dell'oratorio, quando iniziai a dare i primi calci al pallone, un'atmosfera unica".

picchi-mazzola (1)
Un contrasto tra Picchi e Mazzola, qui avversari in un match tra Varese e Inter

E quando in allenamento o da avversario, lei giocatore d'attacco, si è trovato a essere marcato da Picchi com'è andata?

"Male, non l'ho mai presa. Invece di scattare guardavo lui e pensavo che prima o poi tanto mi avrebbe fermato".

Secondo lei come vedrebbe Armando Picchi il calcio di oggi?

"Si adeguerebbe, senza dubbio. E darebbe anche dei grandi insegnamenti perché lui era un comandante vero. Dalla difesa arrivava in area di rigore e ti dava tutte le indicazioni. Quando parlava e ti veniva incontro eri già impressionato, perché aveva una personalità incredibile. Era un maestro".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Armando Picchi, a cinquant'anni dalla scomparsa Sandro Mazzola ricorda il suo capitano: "Un comandante vero"

LivornoToday è in caricamento