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A Letizia Battaglia la cittadinanza onoraria

La fotografa palermitana riceverà l'onorificenza all'apertura della mostra ai Granai di Villa Mimbelli. L'assessore alla cultura Belais: "Una persona antimafia che fotografa per senso di giustizia"

Chi non ne conosce il nome, di certo avrà comunque visto almeno una delle sue fotografie. Quella storica, diventata persino murales nella sua città a imperitura memoria dei due giudici che più di ogni altro hanno rappresentato e rappresentano ancora la lotta alla mafia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, per l'esattezza, immortalati in uno scatto che li ritrae sorridenti, in atteggiamento confidenziale. Ecco, quell'immagine consegnata alla storia porta la firma artistica della fotografa palermitana Letizia Battaglia che, in mostra ai Granai di Villa Mimbelli (19 gennaio al 15 marzo), riceverà la cittadinanza onoraria del Comune di Livorno in occasione dell'apertura della personale "Letizia Battaglia, fotografie", promossa dalla Fondazione Carlo Laviosa e realizzata in collaborazione con il comune di Livorno.

"Credo che molti di voi conoscano Letizia Battaglia - dice l'assessore alla cultura, Francesco Belais -. Una donna straordinaria che accogliamo nella comunità livornese con il titolo di cittadina onoraria, non tanto per la sua professionalità riconosciuta a livello nazionale e internazionale (unica europea a vincere il premio Eugene Smith), quanto per il suo essere persona portatrice di valori universali da preservare, trasferiti alla società anche tramite quel mestiere di fotoreporter che iniziò a fare spinta dal bisogno di stare dalla parte giusta: gli ultimi, i sofferenti, le vittime anche della mafia, ma non solo".

L'IMPEGNO CIVILE - "Oggi rendiamo cittadina onoraria non 'la fotografa della mafia', definizione che Letizia Battaglia detesta - continua Belais -, ma la persona antimafia che crede nella giustizia, la persona che contribuisce a fondare il Centro di documentazione Giuseppe Impastato, che crea il Laboratorio d'If per insegnare il mestiere di fotografo ai giovani palermitani; che si impegna, politicamente, nella Sicilia degli anni ottanta e novanta, a difesa dell'ambiente e della legalità".

"Onoriamo questo esempio, di cittadinanza attiva, di professionalità indiscutibile e di donna che ha saputo attraversare un'epoca durante la quale le donne fotoreporter non venivano fatte accedere alla scena del crimine - chiude Belais -. Ecco, lei seppe inventarsi metodi per farsi rispettare come quello del gridare a squarciagola fino a far imbarazzare inquirenti e poliziotti che in conseguenza la facevano passare".

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