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Emergency | Viaggio nel cuore della Life Support, la nave che sfida il mare per salvare i migranti: "Quegli sguardi e quei sorrisi non si dimenticano". VIDEO

Dal capomissione alla mediatrice culturale, ecco come avvengono le operazioni di recupero e soccorso nel bel mezzo delle acque internazionali del Mediterraneo

"I diritti sono di tutti, altrimenti chiamateli privilegi". È la frase di Gino Strada impressa sulla fiancata destra della nave Life Support di Emergency, imbarcazione che martedì sera ha attraccato a Livorno dopo aver salvato dalle turbolente acque del Mediterraneo, nelle zone search and rescue libica e maltese, 69 tra uomini, donne e bambini. Esseri umani in fuga dai loro paesi e in cerca di una speranza, di una vita nuova, di un’esistenza migliore e giusta. La Life Support dalla fine del 2022 ad oggi ha tratto in salvo più di mille persone, ed è l’equipaggio di questa nave bianca e rossa di Emergency, in sosta ora alla banchina 57 del porto di Livorno, il vero trait d’union tra la disperazione e il futuro, tra la voglia di non rassegnarsi e la determinazione a lasciarsi alle spalle un presente troppo complicato da gestire. 

Viaggio nel cuore della Life Support, la nave che sfida il mare per salvare i migranti nel Mediterraneo

A bordo ci sono circa 30 persone, tra staff di Emergency - con mediatori culturali, medici, infermieri e personale di soccorso - e marittimi. Ci sono persone che parlano sei lingue, dall’italiano al francese, dal bengalese all’arabo, dallo spagnolo al tigrino, diffuso soprattutto in Eritrea. Ci sono uomini e donne che non hanno paura a gettarsi a bordo dei gommoni tra le onde del Mediterraneo per strappare alla morte bambini appena nati, creature anche di pochi mesi che, con i genitori, lasciano chi il Sudan, chi la Libia, chi gli altri paesi del nord Africa, martoriati da guerre e senza uno straccio di diritto umano. Tra una missione e l’altra parte dell’equipaggio cambia, ma non di certo gli obiettivi e le finalità. Salvare vite umane. 

Migranti, la Life Support stasera in porto a Livorno con 69 naufraghi a bordo: "Sono tutti molto provati" 

Il capomissione Emanuele Nannini: "Talvolta sembra pretestuoso mandare le navi ong in porti così lontani quando non si metterebbero in difficoltà scali dell'Italia centrale o meridionale" 

Lunga 51 metri e larga 12 metri, la Life Support può arrivare ad accogliere fino a 175 naufraghi, oltre al personale di bordo. Ma come avviene il primo approccio? A spiegarlo è Emanuele Nannini, capomissione della Life Support: "Una volta individuate le imbarcazioni in difficoltà ci avviciniamo e ‘lanciamo’ i gommoni per il primo intervento - spiega -. Consegniamo i salvagenti, il mediatore culturale spiega come avverranno le operazioni e procediamo con il trasbordo. Da qui il triage medico, la consegna dei braccialetti, delle coperte e dei generi di prima necessità. La fase più complicata - aggiunge - è  è proprio quella del salvataggio, è molto importante fare il controllo del gruppo di persone perché specialmente se sono in viaggio da molto tempo hanno voglia e necessità di saltare subito sulla barca più sicura. Ma a seconda di quale imbarcazione troviamo - sottolinea - c’è il rischio che vada giù in acqua. Ed è qui che il ruolo del mediatore culturale è determinante". 

Un tema non certo di secondo piano sono i giorni di navigazione spesso aggiuntivi che devono essere sostenuti dopo l'assegnazione del porto sicuro rispetto alla zona di salvataggio: "Abbiamo fatto 13 missioni - prosegue Nannini - e sempre ci è stato assegnato un porto ingiustificatamente lontano. Quello più vicino è stato Napoli, quello più distante addirittura Ravenna. Dai 3 ai 5 giorni in più rispetto a un porto siciliano, e questo causa diverse problematiche. Uno perché si allontana una nave che recupera persone in mare da un punto di soccorso mettendo a rischio vite umane in una zona tra le più pericolose al mondo, poi ci sono persone che sono costrette a restare in mare ancora più giorni, sottoposti a stress aggiuntivi, e infine costi maggiori, evitabili, anche in termini di risorse umane per noi. I porti siciliani - conclude - sono certamente sotto stress, ma è difficile pensare che 28 persone in più, come accaduto nei giorni scorsi, avrebbero messo in crisi uno scalo pugliese piuttosto che uno abruzzese o uno marchigiano. Sembra pretestuoso mandare navi ong così lontano quando non si metterebbero in difficoltà porti dell’Italia centrale o meridionale". 

Giulia Galati (mediatrice culturale): "Ricordo il mio primo intervento di soccorso, non dimenticherò mai gli occhi e i sorrisi dei bambini siriani tratti in salvo"

Ad illustrarne ogni caratteristica dell'importanza dei mediatori culturali è Giulia Galati. "I mediatori effettuano il primo contatto con la barca in difficoltà, è un ruolo molto delicato perché deve mantenere calme le persone a bordo - spiega Giulia -, affinché l’intervento di soccorso avvenga nella maniera più sicura possibile. È necessario restare calmi, non ci deve essere panico e bisogna saper comunicare una certa sicurezza. Il mio primo soccorso? È stato molto emozionante - aggiunge -, per fortuna finora non si sono verificate complicazioni gravi. Ricordo in quel caso che la maggior parte delle persone erano siriane, c'erano molti bambini e capirono subito che eravamo lì per aiutarli, sorridevano e non ebbero alcuna paura".

Priorità assoluta alle condizioni di salute dei naufraghi, che vengono subito sottoposti al triage medico. Ci sono spazi per donne in gravidanza, e bambini. "Ma spesso - spiega il responsabile sanitario Roberto Maccaroni - abbiamo a che fare con visite di medicina di base, ci sono malattie pregresse o cronicizzate, semplici che però non sono state trattate o viste da nessuno e quindi assumono caratteristiche di gravità, inconsuete dalle nostre parti. Molte problematiche dell’apparato respiratorio, osteo-muscolari e ustioni, dovute a questa miscela di carburante e acqua salata che si deposita a bordo degli scafi". A spiegare le modalità di intervento dal punto vista nautico è il comandante Domenico Pugliese: "In base all’allerta ricevuta - dice - andiamo sul punto, i soccorritori intervengono con il gommone e ci danno un riscontro della situazione, poi a bordo dei gommoni si avvicinano a gruppi verso la nave madre". Operazioni complesse in ogni sua dinamica, delicate a livello umano e sanitario. La Life Support resterà in sosta per qualche giorno e poi ripartirà per il Mediterraneo, con lo stesso obiettivo e la stessa caparbietà di sempre. Per salvare esseri umani.  

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