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Le Segreterie regionali: "Carenze burocratiche e legislative garantiste più per il reo che nei confronti di chi rischia la propria pelle"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LivornoToday

A poco più di 48h dalla diffusione dei due video diventati virali sui vari social, le Segreterie di Lombardia, Campania, Puglia, Piemonte, Basilicata e Sicilia hanno assistito ad una “bagarre” mediatica, finalizzata a dimostrare in ogni modo, l'azione VIOLENTA e TORTURATRICE messa in atto da operatori della Polizia Locale di Milano e dai nostri commilitoni del Comando Provinciale di Livorno. Nonostante la diversità degli operatori di polizia e la diversità dell'azione criminale che hanno dovuto affrontare e contrastare, l'unico vero fattore di comune raccordo tra i due video non è la VIOLENZA e la TORTURA esaltata a più riprese, bensì la distanza chilometrica che intercorre tra Milano e Livorno.

Oggi ogni operatore di polizia che affronta un intervento operativo, si trova regolarmente di fronte a reazioni violente e per niente collaborative da parte dei malfattori di turno, forti delle lacune burocratiche e legislative garantiste più nei confronti del reo che degli operatori di polizia costretti a lavorare in un clima di incertezza, tensione e sconforto. Fortunatamente il sistema giudiziario Italiano, ha sempre dato ampia dimostrazione di indipendenza e terzietà, ma esponenti politici di ogni livello, organi di stampa e amministrazioni che condannano sulla base dei pochi elementi in loro possesso senza approfondire provocano solo un clima di confusione utile esclusivamente a quella minoritaria popolazione che detesta le divise e che cavalca la situazione per aumentare la disaffezione verso coloro che, posti alla dipendenza esclusiva del potere esecutivo, sono deputati al controllo ed al mantenimento dell'ordine pubblico.

Purtroppo la natura degli interventi della forza pubblica si materializzano in contesti particolari e spesso emergenziali in cui è prioritario per l'operatore di polizia, riuscire ad interrompere e terminare l'evento ed in questi casi è assai raro trovarsi di fronte soggetti che collaborino per farsi arrestare e quindi basta assumere la posizione di forza che l'operatore di turno finisce vittima dell'ennesimo caso mediatico. Fortunatamente l'operatore lavora in strada tra la gente e tra quest'ultimi, migliaia e migliaia sono i commenti positivi che si susseguono in vere e proprie attestazioni di stima e solidarietà e confermano che il cittadino è più vicino alle forze dell'ordine di chi invece dovrebbe esserlo per i ruoli istituzionali coperti. La vicinanza e la stima espressa dai cittadini aiuta ogni appartenete alle forze dell'ordine, senza distinzione di divisa o grado, a sentirsi protetto e dà la forza a tutti NOI servitori dello Stato di affrontare ogni giornata lavorativa, nella speranza che la parola servitore non diventi SERVO dello Stato.

Gli uomini e le donne in divisa da tempo chiedono strumenti legislativi che siano all'altezza della realtà che quotidianamente si trovano ad affrontare per strada, che degenera di giorno in giorno, creando situazioni che dovrebbero essere contrastate con strumenti e non con condanne di circostanza o mediatiche nei confronti di chi lavora e rischia sulla propria pelle. Ci stringiamo solidali con tutti i colleghi che sono stati già CONDANNATI mediaticamente, sperando che come sempre la MAGISTRATURA faccia il suo corso, punendo realmente gli abusi se effettuati e non i frame che la pubblica gogna mediatica presenta ogni qualvolta accadono situazioni o arresti che richiedono l'impiego dell'uso della forza.

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